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Francesco Tiradritti
Leggi i suoi articoliLa scoperta di un graffito con i cartigli del faraone della XX dinastia Ramesse III (prima metà del XII secolo a.C.) inciso sulle rocce della riserva Wadi Rum in Giordania ha destato un certo scalpore. Dà infatti maggiore sostegno all’idea che durante il suo regno l’Egitto non fosse racchiuso nelle proprie frontiere come si riteneva fino a pochi anni fa sulla base delle numerose testimonianze di lotte contro popoli che tentavano d’invadere il Paese.
Si tratta di un dato già emerso da altri ritrovamenti simili compiuti di recente, grazie anche all’apertura verso l’archeologia dell’Arabia Saudita. Un primo graffito con il nome di Ramesse III era infatti stato scoperto una quindicina di anni fa nell’oasi di Tamya. Questa e l’iscrizione dello Wadi Rum sono da porre in probabile relazione con le spedizioni che avevano come meta finale le miniere di rame di Timna nel Negev (Israele) di cui si aveva già conoscenza. L’attività è ben testimoniata, insieme all’estrazione del turchese a Serabit el-Khadim nel Sinai e al commercio di mirra con Punt (località ancora da identificare con certezza nell’area compresa tra il Corno d’Africa e la parte meridionale della penisola arabica) intorno al ventesimo anno di Ramesse III confermando così il raggiungimento di una situazione abbastanza tranquilla nelle regioni settentrionali dell’Egitto. Questo status di cose era stato ottenuto a caro prezzo, visto che tra il V e l’XI anno di regno l’Egitto si era infatti trovato a difendere le proprie frontiere da libici e Popoli del mare, una mescolanza di popolazioni che avevano attraversato il Vicino Oriente da nord a sud seminando ovunque morte e distruzione. Quanto fosse stata cruenta la lotta, lo dimostrano in modo vivido i rilievi del Tempio di Ramesse III a Medinet Habu dove le scene di battaglia culminano con il conteggio dei nemici uccisi, effettuato accumulando mani destre e falli degli uccisi davanti al sovrano.
L’iscrizione dello Wadi Rum, come le altre testimonianze della presenza egizia fuori dalle frontiere naturali del Paese, dimostra invece che il difficile e doloroso processo di pacificazione era da considerarsi concluso e i commerci erano ripresi facendo affluire in Egitto prodotti preziosi e ricercati e determinando quello che può essere considerato uno degli ultimi momenti di massimo splendore dello stato faraonico.

Tempio di Ramesse III a Medinet Habu: particolare della scena del conteggio dei falli. L’iscrizione geroglifica afferma che il loro numero è di 2.175. Foto: Francesco Tiradritti
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