«her0» (2023) di Selma Selman (particolare)

© Gropius Bau. Foto: Eike Walkenhorst

Image

«her0» (2023) di Selma Selman (particolare)

© Gropius Bau. Foto: Eike Walkenhorst

Selman, l’artista più pericolosa del mondo

Nella Schirn Kunsthalle una personale dell’artista bosniaca che si batte per l’autoemancipazione collettiva delle donne oppresse

La ragazza terribile dell’arte contemporanea o, come lei stessa ama definirsi, «l’artista più pericolosa del mondo», Selma Selman (Bihać, Bosnia-Erzegovina, 1991) torna ad attirare i riflettori del mondo dell’arte internazionale con una nuova grande mostra in Germania: dopo il singolare successo l’inverno scorso della sua «herO» presso il Gropius Bau di Berlino, è la volta della nuova personale, curata da Matthias Ulrich, «Selma Selman. Flowers Of Life», dal 20 giugno al 15 settembre nella Schirn Kunsthalle

Il messaggio è sempre quello forte che contraddistingue la sua arte d’impatto e le crude performance dal vivo, ma stavolta il titolo non intende nascondere la nuova vena poetica della sua più recente produzione. In questa mostra di Francoforte, infatti, accanto ad altri lavori già noti dell’artista di origine rom*nja (ci tiene a definirsi tale anziché semplicemente «rom»), sono presenti due opere di nuova concezione: un’installazione fatta di gusci di vongole, «Flowers of Life» (2024), fa riferimento al sostentamento della sua famiglia che consiste nel raccogliere e rivendere rottami metallici; l’opera video «Crossing the Blue Bridge» (2024) si basa invece sui ricordi della giovane madre, che nel 1994, durante la guerra in Bosnia, dovette attraversare con la figlia un ponte nella sua città natale, Bihać, col rischio di perdere la vita sopra le mine o sotto le bombe. 

Selman prende spunto da tutte queste esperienze dirette per collocarsi come artista femminista e definirsi e proporsi come attivista che si batte a livello internazionale per la sua comunità. Nelle sue opere, l’obiettivo finale è in genere proteggere e abilitare i corpi femminili e mettere in atto un approccio trasversale all’autoemancipazione collettiva delle donne oppresse. La ricerca di Selman di una resistenza politica funzionale e contemporanea deriva dalla sua esperienza personale contro ogni tipo di oppressione e su diversa scala. Caratteristica della sua attività artistica primaria è quella di cannibalizzare, ovvero distruggere, insieme alla sua famiglia degli ex status symbol, come, ad esempio, le auto della Mercedes-Benz o degli elettrodomestici di marca, per impossessarsi dei pochi materiali preziosi ancora utilizzabili e riciclabili che contengono. 

La si vede armata di picconi, accette e seghe elettriche e altri attrezzi da lavoro pesante mentre li distrugge con rabbia in performance sul suolo pubblico, da sola o in compagnia del fratello e del padre. Si tratta di una nemmeno troppo velata metafora della sua attività primaria di ragazzina, e di quella dei suoi familiari, alla ricerca di elementi in rame da rivendere nel mercato nero per pagarsi da mangiare o per finanziarsi gli studi. Anche le performance linguistiche dell’artista sono generalmente rumorose ed esprimono rabbia e desiderio di ribaltare i rapporti di potere. L’arte di Selman tratta in modo impressionante esperienze autobiografiche di discriminazione, violenza, patriarcato e sessismo in vari media.

Still dal video «Crossing the Blue Bridge» (2024) di Selma Selman. Cortesia dell’artista

Francesca Petretto, 17 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

All’Hamburger Kunsthalle 120 opere del poeta e artista inglese in prestito dal Fitzwilliam Museum di Cambridge

Oltre 250 opere per «The Velvet Rage», il libro che descrive che cosa significa essere omosessuali in un mondo etero

La prima personale in Germania del fotografo afroamericano tra fotografia e videoarte all’Amerika Haus di Berlino

Installazioni, fotografie e neon dell’artista israeliana, protagonista del Padiglione tedesco alla Biennale di Venezia, in mostra a Brema

Selman, l’artista più pericolosa del mondo | Francesca Petretto

Selman, l’artista più pericolosa del mondo | Francesca Petretto