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Nicola Davide Angerame
Leggi i suoi articoliNel 1942, anno in cui Gallimard pubblica L’Étranger, il suo autore, Albert Camus, si trova ricoverato a Panelier, vicino Lione, per via della tubercolosi. In questo periodo, isolato e riflessivo, definisce il suo impegno intellettuale e la sua resistenza morale, gettando le basi delle sue opere successive (La Peste, Caligula). Ambientato sotto il sole di Algeri, nella colonia francese più importante e problematica, Camus costruisce un romanzo semplice e profondo che riflette le tensioni procurate dalla convivenza forzata tra i “pied-noirs” e la popolazione araba, nella mancata riconciliazione tra oppressori e oppressi, nello sfruttamento del corpo femminile, nella incomunicabilità tra le culture, ma anche e soprattutto tra il protagonista, l'impiegato trentenne Arthur Meursault, ed i suoi simili. La sua alienazione appare progressivamente mentre vicende decisive lo lasciano completamente indifferente. La madre muore, Marie s'innamora di lui, il capo della sua azienda gli offre di cambiar vita a Parigi ed un vicino di casa lo coinvolge nei suoi loschi affari di ruffiano; ma lui si scioglie da ogni affetto, usa come un'arma la sincerità di chi ha tutto compreso e giudicato, con una lucidità dannata.
Una delle promesse del cinema francese, Benjamin Voisin, offre il volto a questo personaggio, che Mastroianni aveva interpretato quasi 60 anni fa nella versione firmata da Luchino Visconti. La regia di Ozon fedele al testo, usa la magnifica fotografia in bianco e nero firmata dal fedele Manu Dacosse come chiave di una narrazione in cui la luce del sole è bellezza e spietatezza. In cui nessun amore di donna, né materno né passionale e neppure mercenario, può salvare. Sarà proprio Maria, una scintillante Rebecca Marder, a redarguire la sincerità di Meursault, il quale sarà ancora più lucido nell'arringa contro Dio espressa con forza disperante quando, ormai assassino, incontrerà in cella la religione nei panni di un compassionevole prete cattolico. A lui confesserà la propria filosofia, “siamo tutti colpevoli”, lasciando che il processo gli si abbatta addosso come un atto sacrificale. L'autosacrificio appare chiaro come il sole, il caso e l'assenza di senso che hanno ridotto il giovane “straniero” ad una alienata macchina di morte. L'assurdo di ogni decisione, propria e degli altri, appare evidente agli occhi asciutti di pianto di Meursault, mentre la società lo giudica e lo condanna perché incapace di quel sentire umano e condiviso su cui poggiano le nostre certezze di “animali sociali”. Lui, questo archetipo camusiano, non è asociale come un punk o un homeless, ma, pur essendo parte ben oliata della macchina produttiva coloniale, è come una cellula cancerogena: capace del bene come del male, indifferentemente. Ed è questo radicalismo che affascina e che spaventa in un romanzo che affronta l'escalation e la caduta di un'anima nichilista e disperata: ostinata ad esercitare il proprio diritto di guardare con lucidità la vita e il mondo. L'esistenzialismo francese è da lui rappresentato al massimo grado, mentre l'anno dopo, nel 1943, La nausea di Sartre aggiungerà un tassello esprimendo quel nostro essere condannati alla libertà, quel nostro non poter non decidere .
In concorso a Venezia.82, L’Étranger di Ozon traduce magistralmente per immagini questa filosofia dell’assurdo. La regia è misurata: ogni silenzio, ogni luce, ogni pausa recita un distacco emotivo che risuona come urlo. Il volto di Meursault diviene lo spazio di una verità nuda. Una verità in cui si rispecchia un'epoca, che Ozon ha così indicato: “Lavorando su documenti e archivi – per realizzare il film - e incontrando storici e testimoni dell’epoca, mi sono reso conto di quanto tutte le famiglie francesi abbiano un legame con l’Algeria, e di quanto pesi il silenzio che spesso grava ancora sulla nostra storia comune”.
Nel 1957 Albert Camus riceve il Premio Nobel per la Letteratura. Ha 44 anni, è il secondo più giovane vincitore dopo Kipling. Supera di misura Malraux ma anche altri candiati come Sartre e Beckett. La motivazione è che lui illumina i problemi della coscienza umana del nostro tempo. Un riconoscimento morale che non si aspetta. Pensa che il premio vada ad André Malraux, il romanziere dell’epica rivoluzionaria. Invece tocca a lui, lo scrittore della solitudine, della peste, dell’estraneità. Camus diventa monumento troppo presto, quasi suo malgrado. Tre anni dopo muore in un incidente stradale: assurdo, come i suoi libri.
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