Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Image

Solitudine, disagio e tragedia della vita umana: gli arazzi di William Kentridge e i tappeti della montagna

Una mostra, a Brescia, pone al centro le opere della celebre Porter Series di Kentridge, artista sudafricano di fama internazionale, con una selezione di tappeti Gabbeh e Sarab

Il prossimo 30 maggio il MITA Centro Culturale di Brescia inaugura “Geografie della solitudine. Gli arazzi di William Kentridge e i tappeti delle montagne”, una mostra che intreccia linguaggi visivi e tessili in un'esplorazione poetica e stratificata del rapporto tra figura e paesaggio, tra spaesamento e memoria, tra geografia materiale e geografia dell’anima. La mostra, curata da Giovanni Valagussa e realizzata in collaborazione con la Galleria Lia Rumma, pone al centro dell’attenzione le opere della celebre Porter Series di William Kentridge, artista sudafricano di fama internazionale, noto per una pratica artistica che fonde cinema, disegno, teatro e impegno civile. In questi grandi arazzi realizzati con applicazioni tessili su mappe cartografiche, Kentridge compone figure frastagliate, nere, enigmatiche, immerse in spazi vasti e silenziosi. Le sue sagome – protagoniste anonime e disorientate – si confrontano con ambienti ostili e oggetti improbabili e ingombranti, evocando una sottile inquietudine e una profonda solitudine. Il medium stesso – arazzi cuciti – richiama la tradizione del tessile, portando l’opera d’arte contemporanea a confrontarsi con manufatti antichi. In dialogo visivo e concettuale con questi lavori, una selezione di tappeti Gabbeh e Sarab provenienti dalla prestigiosa Collezione Zaleski apre una narrazione parallela: si tratta di tappeti realizzati nelle aree rurali e montane della Persia settentrionale e occidentale, lontani dalla fastosità dei tappeti persiani classici, e caratterizzati da una forte carica simbolica e istintiva. Campi sabbiosi, colori naturali, motivi geometrici essenziali, figurine minute di uomini e animali: questi tappeti esprimono la stessa tensione tra orientamento e perdita, tra senso e spaesamento che ritroviamo nelle carte geografiche di Kentridge. Non si tratta di una semplice analogia formale: entrambi i linguaggi – quello visivo dell’artista contemporaneo e quello del tessitore tradizionale – diventano strumenti per misurare l’instabilità della condizione umana. Le opere sono attraversate da un desiderio comune: quello di rendere abitabile lo spazio vuoto, di trovare una direzione, una “bussola”. In tal senso, la mostra si chiude simbolicamente attorno a un tappeto centrale trasformato idealmente in strumento d’orientamento emotivo: una bussola tessile che indica la rotta attraverso le emozioni della solitudine, le discontinuità dello spazio e il bisogno di connessione.
 

Riccardo Deni, 28 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

Solitudine, disagio e tragedia della vita umana: gli arazzi di William Kentridge e i tappeti della montagna | Riccardo Deni

Solitudine, disagio e tragedia della vita umana: gli arazzi di William Kentridge e i tappeti della montagna | Riccardo Deni