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William Dyce, «Francesca da Rimini», 1837

© Foto Wikimedia Commons

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William Dyce, «Francesca da Rimini», 1837

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Solo alle National Galleries of Scotland la vera arte scozzese

Con 12 nuove sale, nel museo di Edimburgo possono finalmente respirare capolavori di Ramsay, Dyce, Raeburn, Landseer e dei membri del gruppo Scottish Colourist, artisti locali tra il 1800 ca e il 1945

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David Ekserdjian

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La mattina di sabato primo febbraio, Princes Street, la via principale del centro di Edimburgo, era piena di italiani. Non per motivi legati all’arte, bensì per la partita di rugby tra Italia e Scozia nel pomeriggio a Murrayfield, terminata con la vittoria di 31 a 19 per i padroni di casa. Però sono sicuro che almeno una parte di quelle persone ha visitato le National Galleries of Scotland (Ngs), c’ero anch’io e ho sentito i loro commenti. 

Le National Galleries of Scotland vantano una collezione eccezionale di dipinti e disegni italiani con capolavori di Raffaello e Tiziano tra i tanti e almeno una scultura di primissima qualità: il gruppo in marmo delle «Tre Grazie» di Antonio Canova. Anche le opere delle scuole fiamminghe e olandesi sono di pari livello, con maestri come Rubens e Van Dyck per la prima e Rembrandt e Vermeer per la seconda, senza contare Poussin e Claude [Lorrain, Ndr] per la Francia. Quello che è certo è che un appassionato di Antichi Maestri di sicuro troverà nella National Gallery a Londra, al Louvre e in altri musei internazionali, raccolte superiori a questa delle Ngs. Al contrario, solo qui in Scozia (e nemmeno alla Tate Gallery) potrà conoscere veramente l’arte scozzese.

Il 30 settembre 2023 alle Ngs è stato aperto al pubblico un ambizioso progetto durato cinque anni e con una spesa non inferiore a 38,62 milioni di sterline (pari a 46,45 milioni di euro). Con l’aggiunta di 12 nuove sale che raccontano la storia dell’arte scozzese dal 1800 ca al 1945 (perlopiù dipinti, ma anche fotografie e sculture), raddoppiando così di gran lunga lo spazio dedicato alla scuola nazionale. Può darsi che anche in Italia i nomi degli artisti scozzesi più stimati non siano noti, ma ciò non significa che le loro opere non abbiano meriti immensi. Ve lo assicuro, non è per mero campanilismo (sono per metà scozzese). In un certo senso, queste opere si dividono tra pezzi che non rivelano la loro paternità (in Scozia si dice: «North o’ the Border», al nord della frontiera) e altri invece che sono davvero scozzesi. 

Esaminando la prima categoria dal punto di vista cronologico, si potrebbe cominciare con il «Ritratto di Margaret Lindsay», la seconda moglie di Allan Ramsay (1713-84), un dipinto che risale al periodo successivo al suo ritorno dal secondo soggiorno in Italia del 1754-57. La tela fu eseguita a Londra, dove i coniugi abitavano e dove alcuni anni dopo Ramsay ottenne il titolo di «Principal Painter in Ordinary» (primo pittore del re) da Giorgio III. Il dipinto ritrae una scena intima della moglie che interrompe la sistemazione dei fiori e si gira per rispondere allo sguardo del marito, stilisticamente non tanto lontano dai modi di Gainsborough.

Per quanto riguarda il capolavoro di William Dyce (1806-64), «Francesca da Rimini» (1837), non è semplicemente lo stile che rivela l’influenza della scuola tedesca dei Nazareni, ma soprattutto il soggetto dantesco che lo allontana dalla Scozia. A prima vista Dyce pare celebrare l’idillico amore di Paolo e Francesca, raffigurati su una terrazza davanti a un cielo al tramonto con una sola stella e la luna crescente, ma a guardare meglio si scorgono nel margine sinistro del dipinto le dita di Gianciotto, marito di Francesca che poi li ucciderà. Questo particolare minaccioso, quasi nascosto, non è l’invenzione geniale del pittore: è il risultato di un restauro della tela per rimuovere una parte deteriorata, ma questa circostanza non diminuisce il genio romantico dell’artista. 

Passando al primo Novecento, sono gli Scottish Colourist che valgono di più. Il gruppo consisteva di quattro artisti, Francis Boileau Cadell, John Duncan Fergusson, George Leslie Hunter e Samuel John Peploe. Tutti hanno abitato in Francia, solo Hunter non ha studiato all’Académie Julian a Parigi, e l’importanza fondamentale di Impressionisti e Postimpressionisti, e ancora di più dei Fauve, per la loro arte è evidente. Vuol dire che anche quando Peploe immortala il paesaggio dell’isola di Iona al Nord-Ovest della Scozia, il suo pennello rimane sempre francese. Nel suo splendido «Ritratto di Anne Estelle Rice», per esempio, Fergusson svela la sua enorme ammirazione per Matisse, ma riesce comunque a esibire la sua indipendenza.

A mio avviso i due pittori scozzesi per eccellenza sono Sir Henry Raeburn (1756-1823) e Sir Edwin Landseer (1802-73), entrambi attivi nell’Ottocento. A Edimburgo, del primo si possono ammirare non solo il «Il Reverendo Robert Walker che pattina sul lago di Duddingston» (ca 1795), ma anche il «Ritratto di Ranaldson Macdonell of Glengarry» (1812). Walker era un amico di Raeburn, che ha rappresentato il parroco («minister») della Chiesa protestante scozzese mentre pattinava sul ghiaccio di un lago che si chiamava Duddingston Loch (quest’ultima è una parola che si usa esclusivamente in Scozia) in un atteggiamento che ricorda in un modo piuttosto improbabile quello del «Mercurio volante» di Giambologna. Solo il suo costume non è scozzese, invece Macdonell, che era un amico del più grande scrittore dell’epoca, Sir Walter Scott, porta il suo magnifico «tartan» (tessuto scozzese) con kilt (gonnellino scozzese) e «sporran» (borsa scozzese). 

Nel suo «Monarca della valle» (Monarch of the Glen, 1851) Landseer, il pittore amatissimo dalla regina Vittoria, invece di eseguire il ritratto di un parroco o milord scozzese, ha fissato per sempre una perfetta visione di uno splendido cervo nel suo ambiente naturale, affiancato da una pianta di erica e con le montagne alle sue spalle. In Gran Bretagna da sempre questo quadro ha goduto di una fama universale, perché decorava innumerevoli scatole di biscotti e cose simili, ma l’originale, in possesso di Dewar’s, un’azienda di whisky, non si vedeva così spesso. Comunque, nel 1997 fu prestato alle National Galleries of Scotland e poi acquisito nel 2016 per quattro milioni di sterline. 

Edwin Landseer, «The Monarch of the Glen», 1851. Foto: Wikimedia Commons

David Ekserdjian, 13 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

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