Gianfranco Fina
Leggi i suoi articoliSarà la volta buona? Finalmente l’antiquariato classico, relativo cioè a quei mobili e oggetti del XVIII secolo, che fino ad una quindicina d’anni fa giocavano un ruolo da assoluti protagonisti nelle grandi mostre d’antiquariato, quali quelle di Maastricht, di Parigi o di Firenze, sta cominciando a riaffacciarsi nelle vendite internazionali. Da Sotheby’s a Parigi il 25 settembre si svolgerà l’asta dal titolo «Saint Sulpice, l’écrin d’un collectioneur», composta dagli arredi di un raffinato collezionista, dotato di quel gusto, che forse oggi può risultare un po’ datato, ma che fino a pochi anni fa caratterizzava le dimore più prestigiose, volto a creare atmosfere calde e armoniose.
Le opere in asta non sono moltissime, «solo» 171, ma frutto di scelte fatte con grande sicurezza e con attenzione particolare al settecento francese; molte di queste sono dotate di un illustre pedigree; provengono, ad esempio, dal castello di Compiègne, tre sedie destinate alla sala da gioco, eseguite nel più puro stile Luigi XVI, in legno intagliato e scolpito, eseguite in collaborazione da Jean-Bapstiste Sené, e Alexandre Régnier. Facevano parte di un ordinativo di 42, tra sedie e poltrone di vari tipi, che fu consegnato a Compiègne nel 1790, ma il sovrano non le vide né le usò mai, perché ormai da alcuni mesi era confinato agli arresti domiciliari al palazzo delle Tuileries. Il prezzo è a richiesta, (lotto 44) e si prospetta un’accanita competizione, anche se la più probabile destinazione finale potrebbe essere quella di un importante museo francese. Numerose sono le opere in «ormolu» o bronzo dorato, tra queste segnaliamo la coppia di girandoles a 7 fiamme attribuite a Francois Rémond e Dominique Daguerre, eseguite nel 1789 per il salone d’onore del castello di Montreuil-Bellay, appartenente a Elisabetta, sorella di Luigi XVI, (lotto 36, stima 200-300mila euro). Degno di nota è certamente la grande potiche (alta 36 cm) in porcellana di Cina, epoca Kangxi (1662-1722), decorazione «Famiglia verde» e montata in bronzo dorato, di cui si conoscono altri esemplari simili ora al Getty Museum e al Jacquemart-André; stimata 30-50mila euro, sarà il numero 47 della vendita.
Infine, vogliamo segnalare le poche, ma interessanti, opere italiane proposte. La più prestigiosa è certamente il bronzetto in patina scura del cavallo al passo uscito dalla bottega dello scultore fiorentino Pietro Tacca (1557-1640), databile al primo ventennio del XVII secolo, e proposto alla stima di 200-300mila euro (lotto 33 del catalogo). Da una stima di 3-5mila euro partono i quattro gradevolissimi acquarelli di Giacinto Gigante firmati e datati tra il 1833 ed il 1839, raffiguranti i dintorni di Napoli (lotto numero 140)
Per i cultori d’arte piemontese del Settecento le proposte sono due: la prima è il ritratto del canonico-conte «Gaspard de Pingon de Prangin», d’origine savoiarda, prima prefetto poi vicario generale della diocesi di Lione. Il dipinto reca al retro due etichette, una certifica chi è il ritrattato, l’altra invece ci informa che l’opera è del «peintre du Roy, Joseph Duprà, Pixit. / taurini. 1774». Il lotto, numero 113, stimato 6-10mila euro, è un interessante documento di certo ausilio nello studio di questo importante artista sabaudo. Invece sono attribuite alla bottega di Francesco Ladatte due grandi appliques in bronzo dorato a tre fiamme, stimate 30-50mila euro (lotto 144). Ognuna presenta la figura di un giovane tritone al centro, molto simile a quella di altre appliques di certa mano ladattiana conservate a Palazzo Reale di Torino o al Poldi Pezzoli di Milano.
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