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L’opera «Nella terra II», frutto della collaborazione tra l’architetto e designer Michele De Lucchi e la poetessa Mariangela Gualtieri

© OCA Oasy Contemporary Art. Foto Mattia Marasco

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L’opera «Nella terra II», frutto della collaborazione tra l’architetto e designer Michele De Lucchi e la poetessa Mariangela Gualtieri

© OCA Oasy Contemporary Art. Foto Mattia Marasco

Sull’Appennino pistoiese arte a fruizione lenta, senza «stress da installazioni»

Si inaugura il 15 giugno OCA Oasy Contemporary Art and Architecture con installazioni artistiche e di architettura. «Un racconto per creare un rapporto di empatia con il visitatore fatto di relazioni ed emozioni», spiega il curatore Emanuele Montibeller

Elena Franzoia

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Nata nel 2006 dal recupero di una vecchia riserva di caccia di oltre mille ettari tra i boschi dell’Appennino pistoiese, a circa 1.100 metri di altitudine, Oasi Dynamo, affiliata al Wwf, è gestita dal 2015 da Oasi Dynamo Società Agricola, impresa con finalità sociali che si occupa di conservare la biodiversità promuovendo il rispetto ambientale. I pilastri fondamentali sono quattro: ricerca ed educazione, arte, ecoturismo e agricoltura tradizionale. 

È questo il particolarissimo contesto in cui nasce OCA Oasy Contemporary Art and Architecture, progetto di arte ambientale incentrato su grandi installazioni site specific, visibile dal 15 giugno al 7 novembre grazie a visite condotte da guide formate in ambito sia artistico sia ambientale. Direttore artistico è il curatore trentino Emanuele Montibeller («inventore» di Arte Sella), coadiuvato dall’architetto Roberto Castellani. Le prime installazioni portano la firma di Alejandro Aravena, Mariangela Gualtieri con Michele De Lucchi, Kengo Kuma, Quayola, David Svensson, Pascale Marthine Tayou e Matteo Thun, ma nei prossimi anni il percorso si arricchirà delle creazioni di Stefano Boeri, fuse*, Diana Scherer, Álvaro Siza, Eduardo Souto de Moura ed Edoardo Tresoldi

Kengo Kuma, «Dynamo Pavillion», 2025. OCA Oasy Contemporary Art. © Lorenzo Marianeschi

Matteo Thun, «Fratelli Tutti», 2025. OCA Oasy Contemporary Art. © Mattia Marasco

«La proposta di incarico mi è arrivata direttamente dalla proprietà di Oasi Dynamo circa due anni e mezzo fa, dopo la mia lunga collaborazione con Arte Sella, racconta Montibeller. L’area è eccezionale dal punto di vista faunistico e ambientale, perché trattandosi di una riserva privata ha preservato i caratteri tradizionali legati alle attività silvopastorali di un ambiente come l’Appennino, ovviamente antropizzato ma in questo caso tuttora connotato da un’altissima qualità, con forte presenza di animali selvatici. Abbiamo quindi individuato per il nostro progetto un’area non centrale, raggiungibile a piedi dai visitatori in circa 20 minuti esclusivamente con l’accompagnamento delle nostre guide, capaci di attivare una fruizione “lenta”, priva di “stress da installazioni”, ma consapevole dell’arte e dei luoghi. Non abbiamo quindi individuato solo un percorso e un progetto artistico, ma anche una metodologia di visita non impattante che propone una nuova modalità di fruizione turistica sostenibile della montagna appenninica, dove lo sci non si pratica quasi più. Quanto al percorso, pur essendo relativamente “comodo” in quanto privo di forti dislivelli, è anche molto vario dal punto di vista ambientale, perché si snoda tra boschi e prati. Quello che mi interessa è creare un rapporto di empatia con il visitatore fatto di relazioni ed emozioni, attraverso un’esperienza che dura circa un paio di ore ed è strutturata come un racconto, privo di infrastrutture “museali” come segnaletica o didascalie». 

Quanto agli apporti creativi, «non ho fatto distinzioni tra artisti e architetti, continua Montibeller. Pascale Marthine Tayou ad esempio, essendo camerunense, al centro visitatori ha riflettuto sul problema ambientale nei Paesi poveri, doppiamente svantaggiati in quanto dall’estero giungono grandi quantità di rifiuti senza che esistano le condizioni nemmeno per lo smaltimento di quelli interni. Lo svedese David Svensson ha realizzato un’installazione-dichiarazione fatta di bandiere, a dimostrazione di come la questione ambientale richieda un’azione coordinata e sovranazionale, mentre l’architetto giapponese Kengo Kuma propone una ricerca anche tecnologica, in cui lievi strutture in acciaio cortén e fibra di carbonio abbracciano gli alberi di castagno, facendoli vibrare e risuonare con il vento». 

Di grande fascino anche l’inconsueta collaborazione tra il designer Michele De Lucchi e la poetessa Mariangela Gualtieri. «Mariangela è laureata in architettura, precisa Montibeller, mentre De Lucchi è uno dei più poetici architetti italiani. Insieme hanno realizzato un piccolo tempio, in cui la parola diventa architettura e si fa verso site specific creato esclusivamente per questo luogo, mentre dall’interno si può vedere il cielo, con un approccio che io avverto come profondamente curativo e sciamanico». 

Pascale Marthine Tayou, «Plastic bags». OCA Oasy Contemporary Art, 2024. © Mattia Marasco

Elena Franzoia, 12 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

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