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Una veduta della Pista 500

Foto: Sebastiano Pellion di Persano

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Una veduta della Pista 500

Foto: Sebastiano Pellion di Persano

Sulla Pista 500 i fiori sospesi di Allora&Calzadilla e le stelle in tasca di Francesco Gennari

Con le opere di Rong Bao e Silvia Rosi la sede espositiva all’aria aperta della Pinacoteca Agnelli si arricchisce di quattro nuove installazioni 

Altre quattro nuove installazioni arricchiscono la collezione della Pinacoteca Agnelli di Torino, che ha trasformato il tetto del Lingotto, la pista di collaudo delle automobili Fiat, in un parco urbano di arte contemporanea con il progetto in progress della Pista 500. Gli autori dei nuovi interventi sono Allora & Calzadilla (Philadelphia, 1974 e Havana, 1971), Rong Bao (Cina, 1997), Francesco Gennari (Fano, 1973) e Silvia Rosi (Scandiano, 1992). Abbiamo incontrato due dei nuovi protagonisti: Jennifer Allora & Guillermo Calzadilla e Francesco Gennari.

Jennifer Allora e Guillermo Calzadilla, come avete immaginato il vostro intervento, «Graft (Phantom Tree)»?
È l’estensione di un lavoro iniziato nel 2018. Questa serie è nata come un’installazione con migliaia di fiori in cloruro di polivinile riciclato, che riproducevano i fiori dell’albero roble amarillo (Tabebuia aurea), come se un vento alieno li avesse sparsi sul pavimento. Per la Pista 500 abbiamo immaginato di creare un albero completamente fiorito senza il tronco e i rami di sostegno. I fiori sembrano assemblarsi magicamente nello spazio, sospesi in un istante bloccato nel tempo. Riferendoci al termine orticolo «innesto», che indica la pratica di unire parti diverse di piante, e persino specie diverse, alla Pinacoteca Agnelli i calchi di questo fiore caraibico sono innestati nell’iconica rampa elicoidale del Lingotto. Rimossi dal loro contesto abituale, questi fiori evocano domande sulle loro origini perdute. I petali dipinti a mano di questo albero nativo dei Caraibi alludono ai cambiamenti ambientali provocati dall’intreccio di sfruttamento coloniale e cambiamento climatico. L’inquietante presenza di questi boccioli di alberi tropicali, realizzati in un materiale di origine petrolchimica, serve a ricordare le incommensurabili perdite che sono continuate, senza sosta, dopo secoli di saccheggio coloniale.

C’è un legame con la storia del Lingotto, simbolo di una grande fabbrica che collega quasi due secoli di storia? E con la città di Torino, nel Novecento protagonista della rivoluzione industriale e insieme di una grande produzione di pensiero, per esempio nella figura di Piero Gobetti?
Ci auguriamo che il nostro lavoro risuoni con lo spirito del pensiero di Gobetti, in particolare nel desiderio condiviso di affrontare le sfide significative della propria vita. Nel nostro caso, si tratta di collegare le conseguenze del colonialismo e del capitalismo ai cambiamenti climatici. Anche le idee di Gobetti sulla libertà sono per noi una profonda fonte di ispirazione. Per quanto riguarda la fabbrica del Lingotto, crediamo che le qualità formali del nostro lavoro (un assemblaggio di migliaia di piccoli pezzi che creano un insieme coeso) riflettano la storia dell’edificio, dalla produzione di automobili ai sindacati dei lavoratori. Il Lingotto simboleggia le visioni del futuro dei primi del Novecento. Ora, un secolo dopo, mentre ci avviciniamo a una potenziale singolarità tecnologica che è stata paragonata alla rivoluzione agricola e a quella industriale in termini di impatto sull’umanità, ci sembra appropriato esaminare il rapporto in evoluzione tra gli esseri umani, le macchine e l’ambiente all’interno di questo ambiente storico e iconico.

La Pista del Lingotto è una piazza pubblica in forma di giardino cittadino. Un luogo frequentato sia da persone del mondo dell’arte che visitano la Pinacoteca Agnelli sia da pubblici diversi che frequentano il centro commerciale. Come avete immaginato un dialogo comune?
Ci piace il modo in cui l’opera sarà vissuta da pubblici diversi. La Pista 500 è molto ricca, non solo per il suo significato storico, ma anche per il modo in cui lo spazio viene utilizzato oggi da visitatori diversi, dagli amanti dell’arte al grande pubblico. La Pista è un modo originale di incorporare la natura in un ambiente industriale, convertendo la pista di collaudo sul tetto in un giardino che offre una vista impareggiabile sulla città. «Graft (Phantom Tree)» estende il giardino nello spazio maestoso della rampa interna. Le caratteristiche formali dell’opera, insieme alla sua complessità e ingenuità, possono interessare tutti i pubblici. L’opera risponde direttamente all’architettura, con il suo supporto sospeso nella nicchia sopra le travi centrali della volta e che si estende nel vasto volume sottostante. Le aperture verso lo spazio della rampa sono libere, permettendo all’aria di circolare liberamente in tutta l’area, così i fiori ondeggiano dolcemente nel flusso d’aria animando lo spazio in modo emozionante. Inoltre, i piani superiori ricevono un’incredibile luce naturale, che esalta i colori dell’opera e proietta ombre intriganti sulla rampa, aumentando la sua inquietante presenza nello spazio.

A quali progetti state lavorando?
Stiamo creando una nuova serie di sculture illuminate in collaborazione con i maestri vetrai degli Studi Berengo di Murano. Queste sculture si ispirano alle liane, rampicanti legnosi che si trovano nelle foreste pluviali tropicali e che radicano nel terreno, utilizzando gli alberi per formare ponti tra le chiome della foresta. Le sculture Liana sono dotate di un sistema di illuminazione integrato che si collega all’impianto elettrico dello spazio espositivo e, per estensione, alla rete elettrica della città. L’intensità della luce e le fluttuazioni delle sculture sono determinate in tempo reale dalle variazioni della rete elettrica in cui l’opera è esposta.

Che cosa pensate di questo nostro periodo storico che sembra esplodere da più punti di vista, con guerre che hanno sconvolto sia territori sia le leggi del commercio ed eventi che hanno distolto l’attenzione da battaglie importanti come quelle per i diritti dell’individuo e la difesa dell’ambiente?
Ci abbiamo pensato molto. Infatti, abbiamo realizzato un’opera e una mostra nel 2020 (ma sviluppata negli anni precedenti) intitolata «Specters of Noon» alla Menil Collection di Houston, negli Stati Uniti. In condizioni di crisi perpetue e schiaccianti causate dall’uomo, siamo stati attratti da un termine antico, descritto per la prima volta dai monaci del deserto che si riunivano nelle colonie eremitiche di Nitria e Scete nell’Egitto del IV secolo, come possibile chiave di lettura del presente. Evagrio Pontico, nel delineare i sette peccati capitali, descrisse la «più opprimente» di tutte le tentazioni come «accidia», un’aridità spirituale e una mancanza di attenzione verso il mondo che affligge nelle calde ore di mezzogiorno ed è caratterizzata da un senso di esaurimento psichico e di svogliatezza. Scrivendo nelle dure condizioni del deserto, egli personificava questo terribile stato d’animo come l’azione del «demone del mezzogiorno» o «demone meridiano», che «fa apparire il sole fiacco e immobile come se il giorno avesse cinquanta ore». Questo demone costringe il monaco a uscire dalla cella e a guardare il sole, gli trasmette odio contro il luogo, contro la vita stessa e contro il lavoro delle sue mani, facendogli credere di aver perso l’amore dei suoi fratelli e che non ci sia nessuno che possa consolarlo. Lo induce a desiderare luoghi diversi in cui trovare il necessario per la sua vita e svolgere una professione molto meno faticosa e più conveniente. Questa afflizione sembra per molti versi riassumere l’attuale momento storico, in cui ci si sente estremamente svegli, animati, immersi in sensazioni e sentimenti molto forti, ma non vivi. In questo contesto abbiamo realizzato la prima versione di «Graft».

Allora & Calzadilla, «Graft (Phantom Tree)», 2025 Pinacoteca Agnelli Torino. Courtesy of Pinacoteca Agnelli, Torino. Photo © Sebastiano Pellion di Persano

Francesco Gennari, «… Avevo anche 7 stelle in tasca…», 2025 Pinacoteca Agnelli Torino. Courtesy of Pinacoteca Agnelli, Torino. Photo © Sebastiano Pellion di Persano

Francesco Gennari, il suo intervento per la Pista 500 è una presenza discreta e poetica, il calco in bronzo del suo soprabito appoggiato alla ringhiera, con una sorpresa in tasca.
Ho pensato a un’opera fatta su misura per l’architettura della rampa e che, allo stesso tempo, veicolasse la mia idea di metafisica legata a un semplice evento della quotidianità. Dimenticare il proprio soprabito è un evento che può riguardare tutti, ma avere sette stelle in tasca è riservato solo a coloro che sono destinati a progettare un mondo, la volta celeste, una nuova visione delle cose.

Come si è relazionato allo spazio?
Ho riflettuto sul mio lavoro, sulla mia poetica, sulla bellissima architettura della rampa e, infine, a come la forma organica e casuale della mia opera si sarebbe potuta contrapporre ma anche integrare con le linee geometriche degli elementi circostanti.

Come immagina il dialogo con i pubblici che vivono la Pista 500?
Penso che un’opera riuscita possa svolgere il suo lavoro di fascino e di stimolo su tutti gli sguardi. La sua presenza fisica e il suo titolo devono essere sufficienti per generare un interesse in tutti gli spettatori. I non addetti ai lavori, a volte, riservano delle sorprese interessanti perché privi di ideologie e sovrastrutture culturali.

Quale il suo sguardo su un mondo vecchio ormai tramontato e un altro nuovo non ancora sorto.
Ho le mie idee su ciò che accade nel mondo, ma sono irrilevanti perché il mio lavoro non ha connotazioni politiche di nessun tipo, nel senso che il fulcro del mio interesse è analizzare e rappresentare il centro dell’essere umano nella sua dimensione più intima e profonda, una capacità di analisi smarrita in un presente che induce le persone a navigare per il mondo e morire senza mai aver conosciuto sé stessi.

Le persone sono divise tra chi è molto spaventato, chi rimane indifferente, chi si sente impotente e chi, invece, pensa che ognuno si debba impegnare per fare la differenza. Lei in chi si ritrova e a chi vuole parlare?
Assolvere seriamente il proprio ruolo o professione è la base per il buon funzionamento di ogni società. Quello che invece spaventa è la mancanza di spirito critico e di approfondimento, che conduce a conclusioni spesso parziali e talvolta paradossali, poiché si dovrebbe tenere presente che ogni fatto viene filtrato da una narrazione che ne condiziona la percezione. Quindi vorrei parlare alle persone in generale e invitarle a studiare la storia e il contesto che ne determina gli accadimenti, senza dare giudizi emotivi e affrettati.

Rong Bao, «Carnivorous Bloom», 2025, Pinacoteca Agnelli Torino. Courtesy of Pinacoteca Agnelli, Torino. Photo © Sebastiano Pellion di Persano

Silvia Rosi, «Omissions», 2025, Pinacoteca Agnelli Torino. Courtesy of Pinacoteca Agnelli, Torino. Photo © Sebastiano Pellion di Persano

Olga Gambari, 24 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

Sulla Pista 500 i fiori sospesi di Allora&Calzadilla e le stelle in tasca di Francesco Gennari | Olga Gambari

Sulla Pista 500 i fiori sospesi di Allora&Calzadilla e le stelle in tasca di Francesco Gennari | Olga Gambari