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Adrian Ghenie, «The Raft 2», 2019

Courtesy Fondazione Ghenie Chapels

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Adrian Ghenie, «The Raft 2», 2019

Courtesy Fondazione Ghenie Chapels

Sulla zattera di Géricault ci sono i migranti di Adrian Ghenie

Dopo Claire Fontaine, Yuri Ancarani, Paolo Pellegrin, Francesco Vezzoli e Loredana Longo, nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Universita di Palermo arriva l’artista rumeno

Giusi Diana

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Ultimo appuntamento dell’anno per «Crossing Borders, Popoli in Movimento», mostra diffusa nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Palermo con opere di Claire Fontaine, Yuri Ancarani, Paolo Pellegrin, Francesco Vezzoli e Loredana Longo, un progetto espositivo sul tema delle migrazioni curato da Alessandra Borghese e frutto di un accordo triennale tra la Fondazione Ghenie Chapels dalla stessa presieduta e l’ateneo siciliano. 

Il 9 dicembre nell’aula magna è stata presentata «The Raft 2» di Adrian Ghenie, una tela di grandi dimensioni del 2019. Si tratta di un’opera mai esposta prima in Italia, ispirata alla celebre «Zattera della Medusa» (1818-19), capolavoro di Théodore Géricault conservato al Louvre. «Sono partito da una fotografia che ritraeva una donna su una spiaggia greca sorpresa dall’arrivo di un gommone carico di migranti. Ho scelto di elidere la donna e di mantenere il momenti iconico in cui il migrante tocca il suolo, l’arrivo», ha dichiarato Ghenie, che ha realizzato questa versione contemporanea del dipinto ottocentesco ispirato al naufragio della fregata francese Méduse. L’artista rumeno è già presente a Palermo con due pale d’altare allestite nella Chiesa della Madonna della Mazza, le «Ghenie Chapels» dedicate ai nuovi martiri della chiesa in Medio Oriente, e al martirio del beato Pino Puglisi, ucciso dalla mafia nel 1993. La zattera dell’opera di Géricault nel dipinto di Ghenie diventa un gommone che approda sulle coste europee, evocando i tanti naufragi dei migranti nel Mediterraneo, una tragedia epocale che ha visto la chiesa schierarsi spesso in aperto contrasto con le politiche di respingimento dei governi di molti Paesi. 

Alla presentazione della nuova opera ha preso parte anche il cardinale portoghese José Tolentino de Mendonça, che ha letto alcune meditazioni dal titolo «Semi invece di crepuscoli. Una teoria dello sguardo», intervallate da musiche di J.S. Bach e di C. Saint-Saëns eseguite da Issei Watanabe con un violoncello costruito a partire dai legni delle barche recuperate nel Mediterraneo (si tratta dell’Orchestra del Mare, progetto della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti cofondata da Arnoldo Mosca Mondadori). Nominato da papa Francesco prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, il cardinale è stato il promotore del padiglione del Vaticano alla 60ma Biennale di Venezia. In quell’occasione nel carcere femminile della Giudecca, era esposta tra le altre anche un’opera del collettivo Claire Fontaine, presente a «Crossing Borders» con l’installazione al neon «I sommersi e i salvati». 

Cardinale José Tolentino de Mendonça, qual è per la Chiesa il ruolo dell’arte oggi, davanti alle tragedie del Mediterraneo?
L’arte ha avuto sempre questa capacità di aiutarci al confronto con le grandi domande, rendendo visibile quello che è una sorta di verdetto sociale, che noi politicamente o culturalmente non vogliamo vedere. Gli artisti hanno sempre donato questo contributo a una visione sociale dell’arte. E anche oggi l’arte è un grande laboratorio di pensiero contemporaneo che ci aiuta a capire che abbiamo bisogno di una sensibilità sociale che sia capace di integrare tutti e di contribuire alla costruzione di un mondo più fraterno, di un mondo più giusto.

Nel 2026 si terrà la 61ma Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, dal titolo «Minor Keys». Può anticiparci qualcosa sul prossimo Padiglione della Santa Sede?
Stiamo preparando la nostra partecipazione e penso che all’inizio del nuovo anno potremo annunciare i curatori del Padiglione e anche il modo con cui il Padiglione della Santa Sede si integrerà nella riflessione generale della prossima Biennale.

Adrian Ghenie, «Il martirio di padre Pino Puglisi», Palermo, Chiesa della Madonna della Mazza

Giusi Diana, 11 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

Sulla zattera di Géricault ci sono i migranti di Adrian Ghenie | Giusi Diana

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