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Andreas Andersen, Interno con Hendrik Andersen e John Briggs Potter a Firenze, 1894

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Andreas Andersen, Interno con Hendrik Andersen e John Briggs Potter a Firenze, 1894

The First Homosexual: una mostra «grandiosa» sul momento storico in cui «nuove» concezioni di sessualità e identità presero forma

La mostra The First Homosexuals getta nuova luce sulla prima emersione pubblica del desiderio omosessuale e della diversità di genere nelle arti visive tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo

Ginevra Borromeo

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La mostra The First Homosexuals, in programma al Kunstmuseum Basel | Neubau dal 7 marzo al 2 agosto 2026, getta nuova luce sulla prima emersione pubblica del desiderio omosessuale e della diversità di genere nelle arti visive tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Attraverso circa cento opere (dipinti, fotografie, disegni, stampe e sculture) l’esposizione ricostruisce il momento storico in cui nuove concezioni di sessualità, identità e corpo iniziarono a prendere forma, a partire dal 1869, anno in cui il termine “omosessuale” comparve per la prima volta in un testo a stampa.

Il progetto espositivo indaga un periodo cruciale in cui l’arte divenne uno spazio privilegiato di sperimentazione simbolica e di visibilità per esperienze che non disponevano ancora di un linguaggio condiviso. Reti queer, ritratti intimi, desideri codificati, scelte di vita radicali e intrecci coloniali emergono come temi centrali, restituendo la complessità di un’epoca segnata da profonde trasformazioni culturali e sociali. Il termine “omosessuale”, nato nel contesto germanofono, subì nei decenni successivi una mutazione semantica sostanziale: da capacità universale di provare attrazione per lo stesso sesso o ipotesi di un “terzo sesso”, arrivò progressivamente a designare una minoranza identificabile, capovolgendo il significato originario. In questo scenario fluido e instabile, artisti e scrittori affrontarono la questione in modi molteplici: rappresentando amici e amanti, documentando la quotidianità di coppie dello stesso sesso, oppure mettendo in discussione ruoli di genere e modelli identitari. L’arte offrì loro uno spazio di libertà e ambiguità, consentendo di articolare desideri e vissuti che la società non era ancora pronta a nominare.

Articolata in sezioni tematiche, la mostra esplora i primi confronti creativi con l’omosessualità e la transidentità, seguendo l’evoluzione del nudo in dialogo con le nuove teorie sulla sessualità, e analizzando come l’amicizia o i topoi della storia dell’arte abbiano funzionato come codici discreti del desiderio tra persone dello stesso sesso. Uno sguardo critico è inoltre rivolto oltre l’Europa, evidenziando come molti artisti europei abbiano proiettato l’omosessualità sui territori coloniali, mentre artisti di quei contesti rispondevano resistendo e sovvertendo lo sguardo coloniale. The First Homosexuals intreccia così storia dell’arte e storia culturale, mostrando come le identità omosessuali e transgender si siano formate reciprocamente e come, dopo la coniazione del termine “trans” nel 1910, abbia iniziato a emergere una coscienza trans specifica nell’immaginario moderno. L’adattamento basilese (realizzato in collaborazione con Rahel Müller e Len Schaller a partire dalla mostra originariamente organizzata da Alphawood Exhibitions a Chicago e curata da Jonathan D. Katz e Johnny Willis) combina prestiti internazionali inediti in Svizzera con le ricche collezioni del Kunstmuseum Basel.

Nel loro insieme, le opere tracciano la genealogia di concetti oggi centrali nella vita contemporanea, restituendo la nascita di identità che, da marginali e contestate, sono diventate parte integrante della coscienza collettiva. Ad accompagnare il progetto, il catalogo pubblicato da Monacelli Press raccoglie ventidue saggi originali di studiosi di storia dell’arte e studi queer, offrendo una prospettiva globale che spazia dal Giappone all’Australia, fino alle culture indigene del Sud America.

Ginevra Borromeo, 28 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

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