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Tommaso Trini, un critico per conto suo

Massimo Melotti

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Luca Cerizza introduce il suo volume su Tommaso Trini ricordando la definizione che il critico diede di se stesso: «Io sono e resto un critico amateur».

Nato a Sanremo nel 1937, Trini, dopo un tentativo di seguire la carriera paterna nell’esercito, studia economia a Torino. Il giovane è attratto più dalla scoperta di Pollock, visto nella grande mostra a Roma, e dall’attività delle gallerie torinesi dell’Informale che dalla sicurezza del posto in banca. In quegli anni la capitale sabauda vive una stagione culturale particolarmente intensa, soprattutto tra i giovani artisti alla scoperta di nuove esperienze. Trini frequenta il poeta visivo Arrigo Lora Totino, diventa amico di un giovane Michelangelo Pistoletto, tenta con altri la sperimentazione cinematografica. A Torino l’apertura verso l’internazionalità, tradizionalmente, passa per la Francia. Così per il giovane «amateur», appassionato d’arte e con ambizioni letterarie, dopo qualche divagazione londinese, Parigi non può essere che il giusto approdo. Qui si mantiene con lavori saltuari e collaborando con giornali italiani.

Torino-Parigi è una delle principali connessioni che porta l’arte italiana nella internazionalità. Reduce dalla deludente mostra alla Galatea dove aveva esposto i suoi quadri specchianti, Pistoletto carica sull’auto le sue opere e le presenta alla Sonnabend a Parigi, la più importante galleria dell’arte americana e delle nuove avanguardie. La mostra viene comprata in blocco. La volta successiva Pistoletto porta con sé un giovane gallerista, Gian Enzo Sperone, grazie al quale l’arte italiana diviene internazionale e la Pop art incomincia a essere conosciuta in Italia. La personale parigina di Pistoletto viene presentata con un testo di Tommaso Trini.

Ritornato in Italia, a Milano, Trini inizia a collaborare con «Domus» dove si occupa oltre che di arte anche di moda e design. Dopo una breve esperienza come direttore della sede milanese di Sperone, ritorna a concentrarsi sull’attività di critico divenendo l’ambasciatore a Milano degli artisti dell’avanguardia torinese e, in particolare, scrivendo per quegli artisti che tra poco entreranno nelle file dell’Arte povera. Trini diviene, per la sua vicinanza agli artisti, per la sua attenzione ai mutamenti in corso e per la sua perspicacia interpretativa, un sicuro punto di riferimento. Ormai riconosciuto come uno dei protagonisti del dibattito internazionale sulle nuove ricerche, apre una sua rivista che punta decisamente su un’informazione oggettiva della scena internazionale. Di numero in numero la rivista si arricchirà dei contributi dei più qualificati critici dando anche spazio a una agguerrita presenza femminile con testi non solo sull’arte ma anche sulle tematiche femministe.

Dai primi anni Settanta Trini viene chiamato a collaborare a eventi espositivi internazionali. I tempi sono ormai cambiati. La sua rivista chiude nel 1978 e per Trini, colpito dalla prematura e tragica scomparsa della moglie, gli anni Ottanta sono caratterizzati da un volgersi verso l’insegnamento mentre si interesserà alle tematiche scientifiche e alle nuove tecnologie in rapporto con l’arte.

Trini esula dal canone del critico della sua generazione che si afferma negli anni Sessanta, tra i quali mediaticamente campeggiano le figure di Germano Celant e Achille Bonito Oliva. È la generazione non più figlia di Giulio Carlo Argan, il «papà» della critica d’arte, come lo definiva Bonito Oliva, che comincia a guardare oltralpe e oltre oceano. Alcuni diventano teorici, altri promotori sul campo di artisti e movimenti, abbinando la curatela di mostre alla presenza mediatica.  Insomma definiscono una specifica professionalità, necessaria nel nascente mondo della comunicazione e in quello dell’arte dove, in quegli anni, nelle arti visive, continua a giocarsi l’egemonia tra America e Europa, tra Pop art e concettuale.

Figura singolare nel panorama della critica, Trini partecipa agli anni torinesi della nascita della neoavanguardia, ne diventa in qualche modo coprotagonista vivendo in presa diretta il suo evolversi e la sua entrata sulla scena internazionale. Imposta il suo fare critico sul rapporto diretto con l’artista che si esplica in testi e interviste che hanno la capacità di giungere al nocciolo della questione. 

Il libro raccoglie una selezione di una cinquantina di testi scritti in cinquant’anni di attività. Nella prima parte sono presentati saggi monografici sui protagonisti delle neoavanguardie: i futuri esponenti dell’Arte povera ma anche Lucio Fontana, Mark Rothko, Sol LeWitt, Andy Warhol e Roman Opalka, Ugo Mulas che attestano l’ampiezza degli interessi critici dell’autore. Nella seconda, testi sul dibattito critico-ideologico e interviste a Lucio Fontana, Arturo Schwarz, Ian Wilson, Fabio Mauri. Il tutto ci dà una visione non usuale e più approfondita, al di fuori della consueta narrazione.  

Tommaso Trini. Mezzo secolo di arte intera.
Scritti dal 1964-2014
a cura di Luca Cerizza
354 pp., ill. b/n
Johan & Levi, Monza 2016
€ 23,00

Massimo Melotti, 10 novembre 2016 | © Riproduzione riservata

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