Una mostra di arte politicamente impegnata, in corso fino al 14 febbraio al Museum of Contemporary Art Denver (Mca Denver) in Colorado, ripercorre la produzione culturale degli anni della presidenza di Donald Trump. «Citizenship: a Practice of Society», spiega la curatrice Zoe Larkins, si propone di «fare il punto sulle opere apparse in questo difficile periodo; sono loro ad averci aiutato, e continueranno ad aiutarci, a dargli un senso a posteriori».
Sono esposti i lavori realizzati tra il 2016 e il 2020 da più di trenta artisti, tra i quali Dread Scott, Trevor Paglen e Titus Kaphar, incentrati su temi quali la xenofobia, il razzismo sistemico, la cittadinanza e altre questioni che durante l’amministrazione Trump hanno raggiunto un punto critico. «L’idea della mostra ha cominciato a insinuarsi un paio d’anni fa, prosegue la Larkins. Mi aveva colpito vedere quante opere d’arte politicamente orientate fossero state realizzate, esposte, acquistate e oggetto di discussione, e come gli artisti politicamente attivi sembrassero essere fuori dagli studi».
Tuttavia, aggiunge la curatrice, i pezzi «non estetizzano gli ideali o le cause politiche, e non sono nemmeno intrinsecamente attivisti». Una tendenza visibile in cinque nuove commissioni, tra cui una nuova versione di «The Official Unofficial Voting Station: Voting for All Who Legally Can’t» (2016/20), installazione interattiva dell’artista coreano-americano Aram Han Sifuentes. Il «seggio elettorale» invita i visitatori a esprimere la propria opinione su questioni che vanno dal rimpatrio per i discendenti degli schiavi all’abolizione dei dipartimenti di polizia.
Come spiega la Larkins, l’opera prede in considerazione le conseguenze del tentativo di eliminare i votanti per «immaginare una cittadinanza più inclusiva». In mostra c’è anche un gruppo di fotografie di Nan Goldin mai esposte prima che affrontano in modo toccante la realtà dell’attuale crisi degli oppioidi e la personale battaglia dell’artista contro la dipendenza da OxyContin. Fotografie, come «Continuing Gift of Else Sackler, Freer Sackler Gallery, Washington, D.C.» (2017), riflettono sul ruolo del Governo nelle normative del settore farmaceutico criticando al contempo la compiacenza del mondo dell’arte nei confronti di filantropi che hanno costruito la loro fortuna sui farmaci.