Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Arianna Antoniutti
Leggi i suoi articoliUn’opera di Andrea Mantegna (1431-1506) ritenuta perduta e ora identificata: è una rilevante scoperta quella che i Musei Vaticani presenteranno, giovedì 20, con la mostra «Il Mantegna di Pompei. Un capolavoro ritrovato». Il dipinto, una «Deposizione di Cristo», in cui il prezioso classicismo mantegnesco si fonde con gestualità e fisionomie teatralmente drammatiche, sarà esposto nella Sala XVII della Pinacoteca Vaticana.
Già documentata nel XVI secolo nella Basilica di San Domenico Maggiore a Napoli, la «Deposizione» era successivamente scomparsa dalle fonti storiche, sollevando dubbi sulla sua effettiva esistenza e attribuzione. Il dipinto, ora in mostra ai Musei Vaticani, è custodito presso il Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, dove è giunto in epoca, e secondo modalità, sconosciute. Nel 1956 Ferdinando Bologna aveva identificato due copie dell’opera mantegnesca, una nella «Deposizione» del registro superiore del polittico della Collegiata di San Giovanni Battista ad Angri, dipinto intorno al 1510 e attribuito a Simone da Firenze, l’altra, più tarda, già in una collezione privata di Sanremo, recentemente passata in asta a Genova.
Barbara Jatta, direttore dei Musei, ci illustra, in anteprima, la scoperta: «La messa online dell’opera, da parte del Santuario, sul sito della Conferenza Episcopale Italiana, ha attirato l’attenzione di Stefano De Mieri, ricercatore dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. A seguito dell’invito di monsignor Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato di Pompei e delegato pontificio per il Santuario, nel marzo del 2022 andammo a visionare l’opera con Guido Cornini, delegato scientifico dei Musei, e Francesca Persegati, responsabile del Laboratorio di restauro dipinti e materiali lignei. Un secondo sopralluogo fu effettuato con Gabriel Zuchtriegel, direttore della Soprintendenza del Parco Archeologico di Pompei, e con Massimo Osanna, direttore Musei del MiC, e già direttore del Parco Archeologico. Con l’ausilio di una lampada di Wood portatile, capimmo immediatamente che, al di sotto di pesanti ridipinture, si celava un’opera di grande qualità. Si intravedeva, sullo sfondo, un paesaggio con edifici antichi, quell’antichità che occupa uno spazio rilevante nella produzione di Mantegna».
Lo sguardo di Mantegna sull’antico è sottolineato da una lettera, del 20 marzo 1524, scritta dall’umanista partenopeo Pietro Summonte all’umanista e collezionista veneziano Marcantonio Michiel, in cui è testimoniata l’esecuzione della «Deposizione», da parte del pittore padovano, per la Basilica di San Domenico Maggiore a Napoli: «Una cona, dov’è Nostro Signore levato dalla croce e posto in un lenzolo, di mano del Mantegna, al quale, come sapete miglior di noi altri, è tenuta assai la pictura, poiché da lui cominciò ad rinovarsi la antiquità, ad cui successe il vostro Ioan Bellino» .
Continua Barbara Jatta: «Il dipinto è stato affidato, da monsignor Caputo, alle cure dei Musei Vaticani, dove sono state effettuate le indagini diagnostiche preliminari del Gabinetto di ricerche scientifiche, diretto da Fabio Morresi. Il restauro è stato affidato a Lorenza D’Alessandro e Giorgio Capriotti, che hanno lavorato in sinergia con il Laboratorio di restauro dipinti e materiali lignei. Guido Cornini ci ha lasciati, ma non nella sua veste di guida spirituale di questo progetto, che è passato nelle mani di Fabrizio Biferali. Al termine dell’esposizione presso i Musei del papa, a fine maggio, il dipinto tornerà al Santuario di Pompei, dove sarà allestito, all’intero di un percorso mariano, in un nuovo spazio museale. Questo nostro progetto, come tanti nostri altri, è un progetto di devozione. Non sappiamo quando la “Deposizione” arrivi al Santuario di Pompei, ma sicuramente il filo rosso che lega Napoli al Santuario è il rosario di colore, pure rosso, nelle mani della Maddalena. Giovedì presenteremo al pubblico il capolavoro ritrovato di Mantegna, e lo faremo in maniera sobria, poiché il Santo Padre è ancora in ospedale. Continuiamo a fare il nostro lavoro, ma con la sobrietà che il momento ci richiede».
«Sono stati necessari quasi due anni di lavoro, per indagini e restauro, aggiunge Fabrizio Biferali, curatore del Reparto per l’Arte dei secoli XV-XVI secolo. Si è trattato di un intervento molto complesso, sia per la rimozione delle vernici sovrammesse, sia per le problematiche legate al supporto. Si tratta di opera tarda di Mantegna, da collocare, per tecnica, stile e iconografia, fra la fine degli anni Novanta del Quattrocento, e il 1500. La “Deposizione” è opera con ogni probabilità di committenza aragonese, non è escluso che possa essere stata commissionata dal sovrano Federico d’Aragona, re di Napoli dal 1496 al 1501.
La “Deposizione” è una tempera grassa su una sottilissima tela in lino, analoga, per tecnica e supporto, a opere coeve quali la “Madonna con Bambino”del Poldi Pezzoli, e l’“Ecce Homo” del Museo Jacquemart-André di Parigi. I risultati delle analisi scientifiche, uniti ai dati stilistici e iconografici, vanno nella direzione delle totale autografia dell’opera. Dalla riflettografia, ad esempio, è emerso uno straordinario disegno preparatorio. Di qualità altrettanto elevata è la quinta paesaggistica con la città di Gerusalemme: una sorta di pastiche di elementi archeologici ed edifici rinascimentali. Un particolare che è emerso dal restauro è l’incredibile arco sulla sinistra, sicuramente un puntuale riferimento all’Arco di Tito, con le Vittorie alate nei due archivolti. Credo che l’opera nasca sulla scia del soggiorno romano di Mantegna, nel corso del quale il pittore ha l’occasione di misurarsi direttamente con i monumenti di Roma antica. Poco prima della realizzazione di questo dipinto, Mantegna è documentato qui in Vaticano, per la Cappella al Belvedere, affrescata sotto Innocenzo VIII, quindi fra il 1488 e il 1490».
La mostra è accompagnata da un catalogo, a cura di Jatta e Biferali, per i tipi delle Edizioni Musei Vaticani.
Altri articoli dell'autore
Il presidente della Commissione Cultura della Camera, di ritorno dal Tefaf, rivendica di essere stato il primo a proporre l'abbassamento delle aliquote. Dopo la delusione degli operatori per l'assenza di un emendamento ad hoc nel Dl Cultura, annuncia che la sua proposta di legge in aula a maggio conterrà anche proposte sulla notifica e sulla libera circolazione delle opere d’arte
Lo racconta Civita con Studio Valle confrontando i dati di Italia, Francia, Portogallo e Spagna. Rispetto ad altri settori, il comparto culturale nel nostro Paese si distingue come «modello di eccellenza» nella gestione dei fondi europei
Prima di inviarlo alla mostra appena inaugurata a Palazzo Barberini, Intesa Sanpaolo ha affidato alle mani esperte di Laura Cibrario e Fabiola Jatta il «Martirio di sant’Orsola», normalmente conservato a Napoli nelle Gallerie d’Italia
Per il futuro delle Gallerie Nazionali di Arte Antica il direttore ritiene che «un solido discorso di ricerca scientifica deve partire dalle proprie collezioni. Senza dimenticare gli edifici storici che ci ospitano, al centro di interventi di tutela e valorizzazione»