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Federico Florian
Leggi i suoi articoliNon tutti sanno che John Waters (baltimora, 1946), l’enfant terrible del cinema americano indipendente (autore, fra gli altri, di Hairspray, Cry-Baby e della sex comedy satirica A Dirty Shame), è anche un artista visivo, le cui produzioni hanno influenzato generazioni di artisti e professionisti dell’immagine. A Waters scultore, fotografo e «collage maker», la Kunsthaus dedica una retrospettiva aperta dal 14 agosto all’1 novembre. «How Much Can You Take?» raccoglie quaranta opere tra storyboard e lavori tridimensionali (tutto materiale donato all’istituzione svizzera dal collezionista e critico cinematografico This Brunner), rivelandone il talento multiforme. Ricche di sarcasmo e ironia, le opere di Waters spesso criticano i codici comunicativi del sistema dell’arte: ne è un esempio «Artistically Incorrect» (2006), che raccoglie una serie di slogan esilaranti, tra cui «Ci vediamo a Basilea, puttana» o «Se vendi in asta, sei morto». Un tema ricorrente nella sua pratica artistica è anche la satira nei confronti del mondo di Hollywood; la sua serie scultorea «Tragedy», recentemente commissionata dalla rivista «Parkett», riproduce lo scalpo dell’attrice americana Jayne Mansfield, deceduta nel ’67 in circostanze tragiche. A completare la personale è prevista, il prossimo 25 settembre, una performance live di Waters (ora quasi settantenne) nell’auditorium della Kunsthaus: qui l’artista presenterà il leggendario spettacolo «This Filthy World», un autobiografico one-man show di 90 minuti (nella foto, «Reconstructed Lassie», 2012).
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