Enrico Pea al Caffè Caselli, 1956, collezione Pea Bellora

Foto: Ghilardi

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Enrico Pea al Caffè Caselli, 1956, collezione Pea Bellora

Foto: Ghilardi

Un ritratto di Enrico Pea tra parole e immagini

Nel Palazzo Ducale di Lucca le opere degli amici accostate a libri, fotografie e carteggi per raccontare lo scrittore, poeta, drammaturgo e impresario teatrale toscano

Si muove tra parola e immagine la mostra dedicata a Enrico Pea (1881-1958), scrittore, poeta, drammaturgo e impresario teatrale, nella sala Tobino del Palazzo Ducale di Lucca dal 22 novembre al 12 gennaio 2025, curata da Giovanna Bellora, presidente dell’Associazione Amici di Enrico Pea e pronipote dell’autore, e da Marcello Ciccuto, ordinario di letteratura a Pisa, entrambi curatori anche del catalogo edito da Maria Pacini Fazzi. Il percorso di «Enrico Pea scrittore d’eccezione» (dalla definizione di Pietro Pancrazi al suo linguaggio fuori dalle regole accademiche) alterna, scandito in sezioni, un nutrito corpus di documenti (libri, carteggi, fotografie) provenienti dall’archivio Pea-Bellora, con le opere d’arte degli artisti amici e da lui collezionate: Plinio Nomellini  (con un «Paesaggio bucolico» del 1915-20), Moses Levy (molto presente fin da «La raccolta delle olive» nella prima sezione), Filippo de Pisis («Marina con conchiglie» del 1930), Lorenzo Viani (forse il nucleo più ampio tra dipinti, acquerelli e xilografie), Carlo Carrà, Francesco Fanelli, Primo Conti, Romano Romanelli, Pio Semeghini, Antonio Possenti, Alfredo Catarsini, Leone Lorenzetti ed Ettore di Giorgio.  

Testimonianze che scandiscono le tappe della sua vita, dall’infanzia a Serravezza al soggiorno in Egitto per sfuggire la miseria, dove conosce Giuseppe Ungaretti, correttore dei suoi primi versi, e grazie al quale nel 1910 pubblica Fole. Con lui farà parte nel 1910, insieme a Viani, dell’utopistica politico-letteraria «Repubblica di Apua», fondata da Ceccardo Roccatagliata Ceccardi. Tornato stabilmente a Viareggio nel 1914, Pea vi assume nel 1922 la direzione del Teatro Politeama e, grazie a Giacomo Puccini, pubblica «Moscardino» per Treves, poi tradotto in inglese da Ezra Pound nel 1955. Il carteggio con quest’ultimo, con il quale stringe un’intensa amicizia, va dall’incontro a Rapallo nel 1941 fino alla morte di Pea, l’11 agosto 1958: proprio quel giorno, arriva una cartolina di Pound che, ignaro, da Merano scrive: «Ep saluta Ep».  Se per il poeta americano non è facile tradurre il linguaggio di Pea, le difficoltà di intendimento sono risolte talvolta grazie ai disegni, tra cui uno di Pea esposto in mostra. Drammaturgo, Pea è anche scrittore di romanzi e racconti; nel 1938 vince il premio Viareggio-Rèpaci con La Maremmana, pur dovendo, in epoca fascista, dividere il premio con Vittorio G. Rossi.

Documentata anche l’esperienza dei «Maggi», antica forma di rappresentazioni popolari, che lo vede drammaturgo, organizzatore e attore, poi descritta in Il maggio in Versilia», in Lucchesia e in Lunigiana, pubblicato nel 1954. Degli anni di Forte dei Marmi dal 1945 resta memoria nel disegno di Mino Maccari che reca le firme di Anna Banti e Manlio Cancogni, intitolato «Il Quarto Platano», il circolo culturale al caffè Roma, di cui Pea è creatore e «nume tutelare», per dirla con Piero Bigongiari. Troviamo anche l’esperienza del cinema nel 1954, quando recita ne «Gli orizzonti del sole» di Giovanni Paolucci. Nell’ultima sezione della mostra sono i contributi dopo la morte, tra cui quelli di Ungaretti, Maccari, Montale, con la poesia «All’amico Pea» del 1978, Primo Conti con un ritratto del 1971, e «Il mare è il mio elemento» di Antonio Possenti

«Ritratto di Enrico Pea» (1915) di Francesco Fanelli, collezione Pea Bellora

Laura Lombardi, 20 novembre 2024 | © Riproduzione riservata

Un ritratto di Enrico Pea tra parole e immagini | Laura Lombardi

Un ritratto di Enrico Pea tra parole e immagini | Laura Lombardi