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Virtus Zallot
Leggi i suoi articoliIl volume promette «una vicinanza inedita e sorprendente» con gli affreschi della Cappella degli Scrovegni. Esito di una campagna fotografica realizzata secondo modalità e con tecnologie all’avanguardia (con scatti in scala 1:1). Le immagini che lo illustrano immergono infatti nei dipinti realizzati (tra il 1303 e il 1305) da Giotto per Enrico degli Scrovegni, il cui ritratto compare entro il Giudizio Universale, ovviamente dalla parte dei beati. Per quantità, qualità e dimensione, le fotografie pubblicate consentono di osservare l’opera in modo privilegiato, rivelando dettagli altrimenti non visibili tanto dal vero, per lontananza spaziale, che in molte delle riproduzioni precedenti, pur numerosissime sia in cartaceo che in digitale e destinate agli usi più diversi: dai saggi specialistici ai testi divulgativi, dai manuali scolastici ai materiali turistici, a uso accademico o pop.
Peccato la dimenticanza di qualsiasi riproduzione (ma anche di relativi pur brevi commenti) delle figure o piccole scene inscritte (entro quadrilobi) nell’intelaiatura dipinta che organizza e separa i singoli episodi delle Storie di Maria e di Gesù. Tale disinteresse conferma la ricorrente pratica di estrarre (fotograficamente e criticamente) le opere dalle cornici, anche quando quest’ultime sono parte attiva del programma iconografico.

Un dettaglio del «Giudizio Universale» nella Cappella degli Scrovegni, a Padova, affrescata da Giotto tra il 1305 e il 1313

Un dettaglio del «Giudizio Universale» nella Cappella degli Scrovegni, a Padova, affrescata da Giotto tra il 1305 e il 1313
La promessa di una vicinanza inedita è comunque rispettata e anticipata già nell’immagine di copertina, dedicata alla splendida Madonna con bambino che, nella realtà, ci osserva dall’alto della volta. Di lei, che da un tondo si affaccia dal cielo stellato, scopriamo l’espressione insieme concentrata e dolce, così diversa da quella un po’ severa della Maestà di Ognissanti della tavola conservata agli Uffizi di Firenze. Altrettanto inaspettato è lo sguardo del suo figlioletto dagli occhi grandi, che diventano grandissimi e magnetici nel Cristo adulto collocato al centro della volta attigua. La prossimità offerta dalle fotografie, stampate a tutta pagina o su due pagine, consente di osservare anche la matericità e conservazione della superficie pittorica, nonché le modalità della sua stesura: dalle sottili linee che costruiscono le capigliature alle larghe pennellate del celebrato e (a suo tempo) nuovissimo chiaroscuro.
La visione ravvicinata restituisce inoltre all’opera la bellezza dell’imperfezione, estrapolandola dall’inossidabile e granitico mito della perfetta imitazione del vero. La formula secondo cui Giotto fu buon imitatore della natura (per Boccaccio, capace di dipingere «sì simile a quella, che non simile, anzi più tosto dessa paresse, intanto che molte volte nelle cose da lui fatte si truova che il visivo senso degli uomini vi prese errore, quello credendo esser vero che era dipinto»), iterata per secoli e talora mal interpretata, ricorre anche in questo volume, le cui fotografie consentirebbero invece di scalfirne la perentorietà in relazione alla realtà storica e contestuale.
Il lettore potrebbe, per esempio, interrogarsi sul significato dell’affermazione riferita all’Adorazione dei magi: «la ricerca della resa del dato naturale e realistico si ritrova anche nella rappresentazione dei due cammelli», sembrandogli tali animali (forse dromedari) tutt’altro che realistici. Poiché, scrive Vasari, disegnava «di naturale, senza aver imparato modo nessuno di ciò fare da altri che dalla natura», il nostro lettore potrebbe banalmente concludere che Giotto non aveva a disposizione cammelli, mentre fin da bambino (come tramanda lo stesso Vasari nella leggenda illustrata sulle vecchie scatole dei colori Giotto) ebbe a portata di mano (e di sguardo) le pecore. L’affermazione richiederebbe invece una pur breve argomentazione, in considerazione del fatto che concezione e percezione del tasso di realismo sono coordinate variabili, cui sempre è necessario far riferimento.

Una veduta del soffitto della Cappella degli Scrovegni
Come dimostrano altri particolari (alcuni scorci non impeccabili, proporzioni leggermente sproporzionate, gesti un po’ impacciati) il realismo di Giotto è infatti concettuale e non necessariamente fotografico: presenta inoltre esiti e qualità non omogenee, se non altro perché, nella cappella degli Scrovegni come altrove, egli operò avvalendosi delle mani di molti collaboratori. Il realismo di Giotto non consiste comunque nella descrizione particolareggiata dei denti che sbucano dalle bocche socchiuse o dei peli tracciati sul pube dei dannati, ma nella loro stessa e inedita presenza, che le splendide fotografie di questo volume confermano o rivelano; come confermano e rivelano brani di commovente verità e concretezza, come l’asola laterale che consentirà ad Anna di adattare l’ampiezza della veste all’avanzare della gravidanza la tenerezza con cui un apostolo accoglie il bambino spaventato che gli si è aggrappato al mantello.
I testi di commento non sfruttano invece le potenzialità delle immagini, accontentandosi di un registro semplice e gradevole ma nulla aggiungendo a quanto su Giotto e sulla Cappella degli Scrovegni già è stato detto e scritto: anzi, incappando purtroppo in alcune sbavature interpretative che brevità e necessità di sintesi non bastano a giustificare. Destinato a una divulgazione ampia (con testi in italiano e inglese) e in edizione di grande qualità, il volume di Federica Millozzi è dunque bello da sfogliare, utile da guardare ma poco interessante da leggere per chiunque sia minimamente informato sulla cappella degli Scrovegni e su Giotto; tantomeno da consultare per approfondirne la conoscenza. Suggerirei invece di integrarlo con i commenti tratti da L’affare migliore di Enrico. A guidarvi, con competenza e con l’intelligenza di un procedere sempre interrogativo e argomentato, sarà la grande medievista Chiara Frugoni.
Giotto. La Cappella degli Scrovegni
a cura di Federica Millozzi, 320 pp.180 ill., Italiano / Inglese, Scripta Manent, Roma 2025, € 49

La copertina del volume
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