Palazzo Pisani fu costruito nel 1614-15 e per due secoli fu residenza della nobile famiglia Pisani, una delle più ricche della città, con un’importante collezione dei maggiori pittori del Cinquecento veneziano: Tiziano, Tintoretto, Veronese, Palma il Vecchio e molti altri. Dalla fine dell’800 ospitò il Liceo Società Musicale Benedetto Marcello, fino a che nel 1940 il palazzo fu riservato a uso esclusivo del Conservatorio. Lucía Vallejo Garay, nata a Bilbao nel 1975, è partita dalle ricerche condotte sull’artista rinascimentale Giorgione (Castelfranco Veneto 1477-Venezia, 1510), per includere tra i suoi principali interessi la pittura barocca e i colori veneziani. È quindi una propizia destinazione che il Conservatorio Benedetto Marcello ospiti la mostra «Sinfonia Barocca», a cura di Hervé Mikaeloff (fino 23 novembre), in cui la Vallejo fonde in un felice connubio il vetro e il tessuto, puntualizzando i temi cari al periodo del Barocco, quando l’arte deve far rivivere i sensi sia nella pittura sia nella musica. Si aggiungono altre istanze care all’artista, come l’integrazione multirazziale africana, e tutto va a comporre una mostra multisensoriale dalle esperienze immersive.
La passione per il vetro ha spinto Lucía Vallejo Garay a studiare questo materiale malleabile ma duro e trasparente in diversi luoghi tra Murano e la Boemia, per farle dichiarare che «Non ci sono barriere tra Africa ed Europa, così come non ci sono tra Boemia e Venezia, né tra pittura e scultura». Le sue creazioni aspirano a suscitare nello spettatore forti sensazioni, andando oltre un’estetica visiva. «Non voglio che la mia opera sia solo esteticamente piacevole; voglio che sia forte e faccia provare emozioni, la mostra è una sorta di allegoria del risveglio dei sensi, dove l’arte può essere percepita in modi diversi», spiega l’artista, che immerge i visitatori nell’opulenza del Barocco veneziano per poi essere catapultati in uno spazio contrastante dove tutto è buio e dove si trova l’opera «El Alma de África», un vetro di Murano fuso con tessuti bruciati provenienti dagli indumenti di adolescenti imprigionati in Liberia. Per rendere ancora più immersivo e personale il percorso, a questo si aggiunge l’utilizzo di profumi con fragranze che rimandano al Barocco e all’Africa: una è calda e ambrata ispirata al Barocco, e una è speziata e legnosa in cui l’Africa è protagonista. Creano un dialogo olfattivo, simboleggiando l’unione di tutte le razze umane in un’unica anima. I profumi sono stati creati appositamente da Yann Vasnier (Givaudan), profumiere francese che ha tratto ispirazione dal titolo della Biennale Arte di quest’anno, «Stranieri Ovunque».
Il percorso allestitivo diventa una vera e propria scenografia, come sottolinea il curatore Hervé Mikaeloff «Il suo modo di incorporare il tessuto nel vetro è affascinante. Le sue installazioni fanno riferimento alla scultura e all’architettura. Possono persino somigliare a forme umane creando una profonda connessione con l’osservatore. C’è qualcosa di molto coreografico nelle sue opere». Il Conservatorio Benedetto Marcello, una delle istituzioni musicali più prestigiose d’Italia, non è soltanto uno scrigno per contenere la mostra, ma si fa parte attiva con i suoni prodotti dagli studenti di musica che riecheggiano nelle sale diventando colonna sonora della mostra e arricchendo ulteriormente l’esperienza dei visitatori.