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Sono occorsi quasi otto anni per completare il restauro delle facciate di Villa Arconati, la residenza suburbana (a Castellazzo di Bollate, Milano) concepita, dal 1610, dal conte Galeazzo Arconati. Non che i lavori siano andati a rilento: in realtà, la grandiosa Villa di delizia del casato milanese (estinto in questo ramo nel 1772), oggi sede della Fondazione Augusto Rancilio, oltre che magnifica, è immensa, tanto da meritarsi l’appellativo di «piccola Versailles».
Otto restauratrici e molti operai specializzati hanno lavorato su 6mila metri quadrati di superficie, in tre successivi cantieri: prima, dal 2016 al 2021, sulla Facciata Ovest (la più antica, rimaneggiata tra Sei e Ottocento), poi, per due anni, nella Corte Nobile; infine, dal 2023 al 2025, sulla settecentesca Facciata Sud (uno dei più spettacolari esempi di barocchetto lombardo) per un totale di quasi duemila giornate di lavoro.
Le difficoltà incontrate nel corso dei lavori sono frutto anche del fatto che l’edificio è stato costruito e rimaneggiato in tempi diversi, tra il ’600 e il ’700 mentre nell’800, quand’era già di proprietà del marchese Antonio Busca, fu sottoposta a un impegnativo restauro. Interventi che, nel tempo, hanno creato fragilità nelle murature, aggravate da lunghi periodi di scarsa manutenzione, e che hanno visto utilizzare intonaci non sempre adeguati. Le superfici avevano quindi subìto un forte degrado e l’intervento ha provveduto al risanamento delle aree interessate da umidità di risalita; alla ricostruzione, con dime tratte dagli originali, di cornici, mensole, cornicioni erosi dal tempo; al consolidamento dell’intonaco con un prodotto con malte Nhl, realizzato appositamente per Villa Arconati, assai simile nell’aspetto ai materiali originali; alla pulitura tanto degli elementi (soglie, mensole, statue e colonne) in granito e in arenaria quanto dei ferri battuti dei balconi.
Ma il recente restauro, spiega Sonia Corain, conservatore di Villa Arconati, «ha riservato anche più d’una sorpresa, rivelando tra l’altro nella Corte Nobile, all’angolo tra il prospetto ovest e il prospetto nord, lacerti di modanature molto antiche, forse addirittura cinquecentesche (una «villa franca del Castellazzo» è del resto documentata sin dal ’300). Dunque, al contrario di quanto ritenevamo prima dei lavori, anche una piccola porzione del fronte ovest della Corte fu costruito prima della fine del ’600, e non dopo, come pensavamo».
Il restauro, curato da Gabriella Puricelli, che ha coordinato il progetto delle facciate per SAEM-SMC, ha dunque restituito a tutte le facciate il loro splendore originario, mentre si sta completando il restauro del meraviglioso giardino formale, fitto di siepi di bosso, di aiuole a parterre e di sculture, come la Fontana del Delfino o il Teatro d’Ercole, la cui statua solo nel recente restauro ha rivelato la sua natura (dimenticata) di fontana con giochi d’acqua.
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