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Voi prestate, noi conserviamo, poi restituiamo

Emily Sharpe

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È ciò che prevede un progetto statunitense, ma c’è chi teme che possa incentivare il mercato illecito delle antichità. L’asilo con il permesso di Obama

Mentre l’Isis continua a distruggere monumenti e templi antichi in Siria e Iraq, l’Association of Art Museum Directors (Aamd) incoraggia i musei degli Stati Uniti a fornire depositi sicuri per le opere d’arte nelle collezioni di governi, musei e privati nelle zone di conflitto. Ma si teme che così facendo manufatti saccheggiati possano entrare in territorio americano.

Le nuove linee guida pubblicate a ottobre dall’Aamd offrono ai musei delle indicazioni per accettare opere a rischio a causa di conflitti, terrorismo o disastri naturali su richiesta del proprietario fino a quando le condizioni di sicurezza ne consentono il rimpatrio. Gli oggetti saranno trattati come prestiti e registrati sul sito internet dell’Aamd. I costi di spedizione sono a carico dei proprietari.

Le linee guida sono «probabilmente uno dei traguardi più importanti nel campo della politica del patrimonio culturale degli ultimi anni”, afferma Brian Daniels, direttore della ricerca del Penn Cultural Heritage Center alla University of Pennsylvania. Parlando di prestiti (secondo un «principio di restituzione») piuttosto che di acquisizioni, i protocolli rappresentano «un enorme cambiamento» per l’Aamd, che ha 240 membri in Nord America. Ma Daniels e altri professionisti del settore temono che, dal momento che i protocolli autorizzano le istituzioni a ricevere prestiti da individui e organizzazioni stranieri, oltre che da musei e governi, potrebbero portare all’accettazione di manufatti provenienti da saccheggi, incoraggiando così il traffico illecito di antichità. Una portavoce dell’Aamd sottolinea che i protocolli invitano i musei a «esercitare la cautela» per non «violare i diritti dei legittimi proprietari o essere coinvolti in attività illecite o contro l’etica».

Le modalità di restituzione da parte dei musei non sono però chiare. «Se ci fosse un cambio di governo nelle zone di conflitto le relazioni diplomatiche diventerebbero difficili e restituire gli oggetti sarebbe complicato», afferma Frank Lord, socio dello studio legale Herrick Feinstein di New York. Portando ad esempio la Rivoluzione russa, Lord si chiede: «Che cosa succederebbe se il nuovo Governo avesse idee completamente diverse sulla tutela della proprietà culturale?».

Maxwell Anderson, ex presidente della task force per le antichità dell’Aamd, afferma che i protocolli contribuiranno «a salvare oggetti saccheggiati che altrimenti scomparirebbero nel mercato dell’arte». James Cuno, presidente del J. Paul Getty Museum di Los Angeles, definisce la misura «un passo nella giusta direzione», ma ritiene che il suo successo dipende dall’impegno delle istituzioni e dei Paesi stranieri nei confronti della tutela del patrimonio culturale. Alcuni scettici pensano che linee guida imperfette siano meglio di niente quando è a rischio il patrimonio culturale mondiale. Il protocollo dell’Aamd potrebbe agire di concerto con un progetto di legge in discussione al Congresso americano per limitare l’importazione di oggetti archeologici ed etnografici dalla Siria. Il «Protect and Preserve International Cultural Property Act» interessa le opere «illegalmente rimosse dalla Siria a partire dal 15 marzo 2011». Dà al presidente degli Stati Uniti il potere di ritirare queste restrizioni se i proprietari o i custodi degli oggetti desiderano mandarli temporaneamente in America per ragioni di sicurezza. «Spero che l’approvazione del protocollo possa aiutare questo progetto di legge», afferma James Cuno.

Emily Sharpe, 11 dicembre 2015 | © Riproduzione riservata

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