Alla figura del diplomatico, collezionista, antiquario e vulcanologo sir William Hamilton e alla personalità affascinante e spregiudicata della seconda moglie, Emma Lyon, è dedicata una singolare mostra dal titolo «Sir William e lady Hamilton», a cura di Francesco Leone e Fernando Mazzocca, allestita dal 25 ottobre al 2 marzo 2025 nelle Gallerie d’Italia di Napoli. Sono stati gli studi di Carlo Knight, recentemente scomparso, a riconsiderare per la prima volta la vicenda personale, politica e intellettuale di un protagonista dell’Illuminismo pienamente integrato a Napoli, capitale ricca di stimoli, dove sviluppa due grandi passioni: l’antichità e la scienza. Dalla seconda metà del XVIII secolo, la città è luogo di attrazione per naturalisti, intellettuali e viaggiatori colti desiderosi di osservare le attività del Vesuvio e la caldera dei Campi Flegrei, ancora più appagante se il viaggio d’istruzione si completa con la visita dei ritrovamenti archeologici che stavano riportando alla luce le città sepolte di Ercolano e Pompei.
In questo contesto culturale giunge a Napoli sir Hamilton, inviato speciale di re Giorgio III d’Inghilterra, accolto favorevolmente dal ministro Tanucci, arbitro di una politica internazionale proiettata alla stabile alleanza con gli inglesi. Egli rimane a Napoli per trentacinque anni, dal 1764 al 1798, scegliendo come sua residenza Palazzo Sessa, a Cappella vecchia, dalla cui posizione si domina un panorama del golfo straordinario, documentato da Giovan Battista Lusieri in una «Veduta di Napoli», del museo di Malibù. L’abitazione è frequentata da personaggi internazionali del calibro di Winckelmann, a Napoli nel 1767, di Mozart, che arriva nel 1770, e di Goethe, giunto nel 1787, oltre che da artisti con i quali stringe un saldo legame di amicizia, come il romano Lusieri, John Robert Cozens, Joseph Wright of Derby e Thomas Jones, che nelle loro vedute restituiscono l’ampiezza degli scorci panoramici del golfo, cogliendo l’edilizia caotica della città seicentesca dove svettano isolate le cupole delle chiese.
In un percorso espositivo scandito dai celebri ritratti dei protagonisti realizzati da Reynolds, Tischbein e Romney, che propone sir Hamilton a figura intera (Washington, National Gallery) e sua moglie Emma nelle sembianze di Circe (Waddesdon, The Rothschild Collection), le opere presenti sono 68, tra paesaggi, sculture, manifatture di fabbrica Wedgwood provenienti da musei prestigiosi di tutto il mondo, come la National Portrait Gallery, il Victoria & Albert Museum, la Tate Gallery e il British Museum di Londra, il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, la National Gallery of Art di Washington.
Sono i modelli editoriali adottati da Hamilton a determinarne la sua fortuna, facendo diventare «Napoli famosa come centro di studi sulle antichità e di vita internazionale» (Haskell). I volumi delle Antiquités etrusques, grecques et romaines (1767) con il contributo del barone d’Hancarville, si presentano con un ricco corredo iconografico di tavole acquerellate che ispireranno la manifattura Wedgwood alla produzione dei vasi Etruria di John Flaxmann, segnando la diffusione dello stile neoclassico nella cultura industriale d’Europa. Altro esemplare di rigore e metodo della ricerca scientifica è l’opera editoriale dei Campi Phlegraei. Observations on the Volcanos of the Two Sicilies, as They have been communicated to the Royal Society of London (1772), resoconto puntuale delle indagini compiute sul campo da Hamilton inviate alla Royal Society Academy, ripubblicando l’edizione, qualche anno dopo, con un apparato illustrativo di 54 incisioni di Pietro Fabris. Prima di lasciare definitivamente Napoli nel 1800, Hamilton consegna una relazione al sovrano rimarcando lo stato di desolazione in cui era ridotto il popolo napoletano, devastato dalla reazione sanfedista a danno degli intellettuali che avevano preso parte alla Rivoluzione napoletana del 1799 alla cui capitolazione contribuì, con un ruolo decisivo, proprio Emma Lyon, complice della regina Carolina e amante dell’ammiraglio Nelson.