Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliÈ tra i resti più visti e meno noti dell’antica Roma, è la Domus Tiberiana. Milioni di turisti ogni anno la ammirano, percorrendo il Foro Romano, avendo alle spalle il Colosseo, e sulla destra la Basilica di Massenzio, al cui cospetto si ergono poderose masse laterizie, suddivise in grandiose arcate a più livelli, coincidenti con le pendici del Palatino. Sono le sostruzioni monumentali della Domus Tiberiana, contenenti un alveare di ambienti e percorsi, che riaprono dopo 50 anni di lavori statici e di restauro: il Palatino, infatti, stava scivolando verso il Foro.
In quella città nella città, in cui si articolavano terme, tabernae, latrine, uffici, ambienti di servizio e anche piccoli santuari misterici (corredati di affreschi e stucchi), e che fungeva da immensa base per il palazzo imperiale sul colle Palatino, una mostra permanente, «Imago imperii», apre oggi 21 settembre. In essa, sculture, oggetti e arredi testimoniano della vitalità di questo centro polifunzionale al servizio del potere assoluto degli imperatori. A curare la mostra e l’allestimento sono Alfonsina Russo, direttrice del Parco archeologico del Colosseo, di cui il Palatino è parte, assieme a Maria Grazia Filetici, Martina Almonte e Fulvio Coletti. L’organizzazione e il catalogo sono di Electa.
Del grande palazzo imperiale, sulla sommità del colle Palatino, rimane poco, ma quanto basta per stabilire che, dopo le aggiunte adrianee, occupava 4 ettari, comprendendo in sé porticati, giardini, bacini, criptoportici e, senza dubbio, numerose opere d’arte. La mostra si articola in sette dei sedici ambienti ora percorribili alla sua base, permettendo un viaggio dentro le viscere della collina-palazzo e delle relative funzioni. Probabile dimora dei delfini degli imperatori e, in alcune epoche, di alti funzionari della cancelleria, il complesso palaziale costituiva un mondo a sé all’interno delle magnificenze di Foro e colle, per quanto non separato: il clivus Victoriae che lo attraversava lo collegava per esempio alla Rampa di Domiziano, secondo un circuito che ora viene ripristinato.
Statuaria, reperti ceramici, in metallo e vetro, monete, decorazioni fittili messi in luce durante 30 anni di scavi e studi raccontano usi e storia di questi ambienti, in cui il quotidiano si combinava alle dinamiche, a volte enigmatiche, del potere. Ma anche a quelle delle religioni: tra le scoperte si annoverano infatti tre differenti ambienti dedicati ai culti misterici di Dioniso, Iside e Mitra. Di grande interesse, in altro settore, anche la prima rappresentazione dipinta di un limone, introdotto nell’Urbs in epoca augustea.
La «scoperta» più clamorosa riguarda tuttavia le origini del palazzo (da non confondere con quello dei Flavi): la Domus Tiberiana è in verità Neroniana. Non fu, infatti il successore di Augusto, Tiberio, imperatore dal 14 al 37 d.C., a fondare l’edificio, ma Nerone, che regnò dal 54 al 68 d.C. Secondo i curatori della presente mostra, la Domus «Tiberiana», costruita dopo l’incendio del 64 d. C., va considerata parte integrante della Domus Aurea. Domiziano ne estese l’ampiezza, seguito, come detto, da Adriano. Nel Medioevo l’eclisse, ora la rinascita.
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