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Michela Moro
Leggi i suoi articoliIl Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli presentò nel 1997 la prima mostra personale di Maurizio Cattelan dal titolo «Maurizio Cattelan. Tre installazioni per il Castello»: il terzetto era composto da «Il Bel Paese», tappeto rotondo con l’immagine della forma del famoso formaggio, del 1994, già nella collezione permanente del museo; «Novecento», cavallo imbalsamato e sospeso al soffitto, e «Charlie don’t surf», bambino inchiodato al banco di scuola, ambedue del 1997, che vennero immediatamente acquisiti dall’allora direttore Ida Gianelli. Queste opere fanno parte della collezione permanente del Castello e sono uno dei punti focali nel percorso di visita. Le acquisizioni erano un gesto di fiducia nell’artista, all’epoca trentasettenne, e una prassi per far crescere la collezione in sinergia col programma espositivo.
L’anno successivo, nel 1998, Marcella Beccaria, oggi capocuratore delle mostre e curatore delle collezioni, consigliò l’acquisto (da Lussemburgo, dove era esposto a Manifesta2) di «Senza Titolo», il grande ulivo con la zolla di terra. Poco dopo si aggiunse «A Perfect Day», fotografia del 1999 che immortala il gallerista di Cattelan Massimo De Carlo incollato al muro della galleria con nastro adesivo argentato. Seguendo le indicazioni dell’artista, nel 2002 venne esposto in una grande sala vuota del Castello «Him», una mini ma perfetta riproduzione di Hitler inginocchiato che prega. «È importante che un museo mostri e acquisti opere di un artista realizzate in tempi diversi, dice Marcella Beccaria, per preservare e raccontare l’evoluzione di un percorso, renderlo organico a chi incontra il lavoro. Possedere più di un’opera di uno stesso artista è un’enorme ricchezza per i musei, è il senso delle collezioni permanenti».
Il prezzo astronomico, tra 10 e 15 milioni di dollari, a cui viene offerto adesso «Him» nell’asta di Christie’s «Bound to Fail», fa certamente aumentare il valore delle altre opere, quindi Rivoli si trova con lavori milionari tra le mani. In America in queste circostanze e, se necessario, non si esiterebbe a vendere, fosse soltanto per acquisire altre opere. Ma la Beccaria inorridisce: «È una procedura rischiosissima, che anche negli Stati Uniti ha regole ben precise; in Italia, per fortuna, è impossibile per statuto. Se una cosa del genere accedesse, si aprirebbero scenari senza controllo con effetti disastrosi, e che soprattutto tradirebbero la natura stessa del museo». Quindi il successo commerciale di un artista non funge da volano per i musei, non aumenta l’interesse dei visitatori, e secondo la Beccaria la suggestione economica può contare soltanto quando s’incontra l’opera per la prima volta. «Quello che conta è che Cattelan sia un artista che ha modificato in maniera profonda il linguaggio artistico contemporaneo. Un manipolatore, uno stratega? Da Andy Warhol in poi l’arte ha declinato in nuove forme i molteplici mezzi di comunicazione mediatica, inventando nuovi linguaggi che nel caso di Cattelan riescono a imporsi con forza sulla realtà».
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