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La plastica tra scatti e scarti

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Jenny Dogliani

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Appena varcata la soglia ultramoderna del Museo Ettore Fico si viene catapultati nelle atmosfere della Belle Epoque, nelle giornate di svago della spensierata borghesia parigina di oltre un secolo fa, immortalate da Jacques Henri Lartigue. Una retrospettiva (visitabile fino al 21 giugno) ricostruisce l’intera carriera del fotografo francese (1894-1986) un enfant prodige che incominciò a guardare il mondo attraverso l’obiettivo a soli otto anni, ma il cui talento fu riconosciuto nel 1962 grazie a Richard Avedon e John Szarkowski. I 136 scatti in bianco e nero e i 50 fogli d’album esposti documentano l’approccio meticoloso di Lartigue, che restava per ore in attesa dello scatto perfetto colto da angolature e punti di vista inediti. L’allestimento cronologico va da inizio ’900 agli anni ’70, restituendo un excursus nei costumi del secolo scorso, nelle sue icone e aspirazioni di modernità: dalle corse automobilistiche ai primi aerei, dai ritratti di famiglia a quelli di Picasso e di Valery Giscard d’Estaing. A compiere un viaggio a ritroso nel tempo è anche la rassegna «Plastic days», nel piano superiore del Museo fino al 21 giugno. Circa 600 oggetti in plastica d’uso quotidiano e di design sono stati selezionati tra gli oltre 1.800 della Fondazione Plart (Plastiche e Arte) di Napoli, creata dall’eccentrica e visionaria collezionista Maria Pia Incutti-Paliotto. Si parte da rari pezzi di fine Ottocento in bois durci (una miscela a base di segatura e sangue animale), per passare alle opere in bachelite (la prima plastica sintetica), alle creazioni del made in Italy (di Enzo Mari ed Ettore Sottsass tra gli altri), a giocattoli degli anni ’40 e ’60, strumenti musicali (tra cui radio, amplificatori e mangiadischi), sino alle recenti sperimentazioni sostenute dalla Fondazione Plart per la messa a punto di nuovi composti ecosostenibili privi di petrolio. Lo spazio dedicato alle due mostre è inoltre punteggiato dalle sculture della francese Anita Molinero, disseminate qua e là come enigmatiche manifestazioni del presente. Si tratta di opere site-specific realizzate con materiali plastici recuperati, come i cassonetti della spazzatura manipolati con il fuoco per assumere forme astratte e cariche di tensione. Nel bookshop infine, sempre fino al 21 giugno, si possono ammirare i prototipi della quinta edizione del concorso nazionale Dab (Design per Artshop e Bookshop): vasi, collane, portachiavi, spille e altre creazioni di 20 giovani designer.


Jenny Dogliani, 03 marzo 2015 | © Riproduzione riservata

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