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Walter Guadagnini
Leggi i suoi articoliIl Mast procede nella sua meritoria opera di ricognizione sulla fotografia industriale con una mostra incentrata sulla contemporaneità, «Industry Now», realizzata con opere della Fondazione (dal 14 maggio al 6 settembre, a cura di Urs Stahel).
È l’occasione per riflettere sulla natura di questo particolare aspetto della pratica fotografica, che ha vissuto la sua stagione d’oro fra gli anni ’20 e ’60, ha patito il declino verso la fine del secolo scorso e oggi si presenta con nuove modalità, più vicine al mondo dell’arte che a quello della fotografia documentaria o di reportage.
I nomi di questa selezione ne sono testimonianza: da Thomas Struth a Vera Lutter, da Hiroshi Sugimoto a Trevor Paglen, da Miyako Ishiuchi a Mitch Epstein fino agli italiani Massimo Vitali, Olivo Barbieri, Carlo Valsecchi, ognuno impegnato a interpretare con il proprio linguaggio spazi e personaggi del paesaggio industriale (o, meglio, postindustriale) contemporaneo, sempre più privo di uomini e più ricco di tecnologia.
Tra le opere in mostra spiccano l’enorme composizione di Barbieri realizzata nello stabilimento Ferrari, quella di Struth dedicata all’Istituto Max Planck, il video di Simon Faithfull sulla natura che si riprende gli spazi conquistati a suo tempo dall’uomo nel profondo Nord, e le immagini di carattere più esplicitamente sociale di Sebastião Salgado, Jim Goldberg, Ad van Denderen e Bruno Serralongue.
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