Simone Facchinetti
Leggi i suoi articoliIl mercato dell’arte è sempre più globale e i confini fisici tra i Paesi sono stati definitivamente abbattuti. Ma è proprio così? In realtà resistono enclave nazionali che non rispondono alle regole comuni. Un esempio: la Germania. Dal Paese più florido della Comunità Europea ci si aspetterebbe l’applicazione di regole ferree, principi condivisi, dati trasparenti. Invece sembra vero l’esatto contrario. Parlo del mercato degli Old Master, dove i problemi sono alla luce del sole. Ovviamente non è giusto generalizzare, quindi prendiamo un caso concreto.
Nella scorsa asta di Hampel (Monaco, 25 e 26 marzo) c’era un campionario di copie, falsi e rottami vari da mettersi le mani nei capelli. Sarebbe bello poter fare un esperimento. Provare a chiedere le stime delle stesse opere a una casa d’aste italiana, francese o inglese, e confrontare i risultati. Suppongo che nessuna di loro avrebbe avuto il coraggio di stimare 100-120mila euro una modestissima tela attribuita a Benedetto Carpaccio.
Chi l’ha studiata? Sono stati fatti degli approfondimenti sulle sue condizioni conservative? C’è qualche esperto di «chiara fama» che condivide l’attribuzione? In base a quale parametro è stata calcolata la stima? È vera o è falsa? Sono tutte domande ovvie e normalissime che si fanno per preservare un mercato che altrimenti rischia di generare mostri, comportamenti sbagliati, collezioni piene di scheletri negli armadi. In genere si dice: che il mercato si regoli da solo. Sarà anche vero, ma a Monaco si è assistito a qualcosa di strano. Una delle economie più ricche del pianeta che fa circolare moneta farlocca?
Il punto non è l’anomalia, il caso, qui siamo di fronte a una densità di errori calcolati che ha pochi confronti con il mercato globale. Invochiamo la tutela del consumatore tedesco. Non merita di girare in Mercedes e contemporaneamente di arredarsi la casa con brutti quadri, kitsch, trash e pure pagati cari. Oppure si?
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