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Visitatori in coda davanti a Palazzo Bonaparte a Roma per la mostra di Van Gogh

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Visitatori in coda davanti a Palazzo Bonaparte a Roma per la mostra di Van Gogh

30mo anno: la classifica mondiale delle mostre più visitate nel 2023

Doppietta della Fondation Louis Vuitton: Monet-Mitchell (675mila visitatori) e Warhol-Basquiat (662mila); Vermeer terzo per un soffio. Van Gogh primo in Italia. La moda sempre più di moda: Schiaparelli decimo posto, McQueen sedicesimo, Cartier diciottesimo

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Franco Fanelli

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Nella classifica per numero di visitatori delle mostre svoltesi nel 2023, la stessa sede espositiva si piazza al primo e al secondo posto nella graduatoria più attendibile, riservata alle esposizioni con biglietto d’ingresso distinto rispetto a quello che dà l’accesso a eventuali collezioni permanenti. A mettere a segno la clamorosa doppietta è la Fondation Vuitton di Parigi; la premiata società in affari arte&moda incassa un altro risultato. La moda, comunque, ai visitatori dei musei piace quasi quanto l’arte, visto che tra le prime 18 mostre più visitate tre erano dedicate a grandi stilisti, nell’ordine Elsa Schiaparelli (al decimo posto assoluto), Alexander McQueen (16mo) e Cartier (18mo).

Ma quali sono le due mostre che hanno vinto? Quelle che «vincono facile». La prima ha messo insieme il più astratto degli impressionisti, Claude Monet, e la più impressionista degli astrattisti, Joan Mitchell. E non c’è niente che piaccia di più al grande pubblico che il poter riconoscere presunte analogie transepocali tra il passato e la modernità, secondo uno schema amabilmente divulgativo. In tandem vincono anche un giovane maudit e il suo celeberrimo mentore, cioè l’amatissimo Basquiat e Warhol con le opere dipinte a quattro mani. Il «Picasso nero», nel 2023 che celebrava il cinquantenario della morte del Picasso vero, si piazza poi all’ottavo posto della stessa classifica con la retrospettiva all’Albertina di Vienna. Impressionanti, roba da Biennale di Venezia, i numeri delle mostra Vuitton: rispettivamente 675mila e 662mila ingressi. 

In una classifica piuttosto scontata, dove Van Gogh e Cézanne confermano le loro imperiture fortune, l’arte antica continua a faticare, a meno che non siano di scena i top player: con 653.668 ingressi la mostra di Vermeer al Rijksmuseum di Amsterdam si piazza al terzo posto. Sold out delle prenotazioni dopo dieci giorni di apertura e visite estese a orari notturni: è stata la mostra più visitata nella storia del museo olandese. 

Bisogna scendere al 23mo posto nella lista delle mostre con biglietto dedicato per trovare una monografica su un altro grande pittore europeo, El Greco, che tuttavia a Bucarest non raccoglie più di 201.422 appassionati. 

Un risultato forse inatteso arriva da Bruxelles, con i 453.535 visitatori della retrospettiva di Antoni Tàpies organizzata in occasione del centenario della nascita dell’artista catalano il cui stile, percorso da graffiti, segni e polimaterismo, ha trovato in tempi recenti numerosi epigoni, primo fra i quali Oscar Murillo. 

Si potrebbe altresì obiettare che non deve sorprendere la riscoperta del più intenso interprete di quella che è stata definita «la poetica del muro», se si considera la perdurante popolarità di Banksy (che in compagnia di Jago e di un altro street artist, TvBoy, è al settimo posto tra le mostre più visitate in Italia e al 39mo nella classifica mondiale) e di artisti «di strada» che della clandestinità di un tempo non sanno che farsene, come Leandro Erlich, quarta mostra in Italia, a Palazzo Reale a Milano, e 25ma nel mondo. 

Se Van Gogh al Museo Bonaparte di Roma è stata la mostra più gettonata in Italia (oltre 580mila ingressi), seconda, ma ampiamente staccata (285mila biglietti venduti) è la Biennale di Architettura. La Biennale di Arti Visive tenterà di battere un altro record dopo gli 800mila che l’hanno vista nel 2022. Gli argomenti sui quali sempre più si concentrano le grandi mostre di questo tipo sono pensati per «entrare» in un’epoca storica, la nostra, caratterizzata da conflitti di ogni tipo: la politica, il genere, l’ambiente, il glocalismo, sono tutti territori in cui si muovono con un certo agio le attuali generazioni di visitatori, i più vecchi dei quali erano giovani nel Sessantotto. Quanto di «visivo» e di «artistico» (nel senso tradizionale del termine) sia rimasto nell’arte che orgogliosamente rivendica la sua indipendenza dal mercato e la sua appartenenza a un più ampio, interdisciplinare e complesso concetto di «ricerca», cioè l’arte che viene sempre più spesso esposta alle biennali, è un interrogativo aperto

Ma tutto ciò, a un pubblico sempre meno interessato a ciò che racconta e insegna la storia dell’arte (al netto dei Caravaggio e dei Vermeer) poco importa. Per questo la Biennale di Venezia è un successo annunciato. Il suo direttore, Adriano Pedrosa, ricorda ad ogni occasione la sua identità queer. E sottolinea che «queer» vuol dire soprattutto «strano» prima ancora che «straniero». Ma come descrive la mostra che stiamo per vedere e il suo appellarsi a uno dei curatori più «documentaristi» che si ricordino, Okwui Enwezor, non promette nulla di eccitante. Eppure l’arte visiva, almeno sino a vent’anni fa, era ancora riuscita, attraverso la sua «stranezza» estetica, tangibile e non solo proclamata, a proporre qualcosa di inatteso. Perché non è così remoto il rischio che il successo di una Biennale «queer» solo nel senso politicamente corretto dell’espressione sia scontato quanto il «vincere facile» del tandem Monet-Mitchell.

I dati sono stati raccolti da «Il Giornale dell’Arte» e da «The Art Newspaper» e riguardano le mostre del 2023 terminate entro il 20 gennaio 2024 delle quali sono stati resi noti i dati di affluenza. Alcune istituzioni, pur ripetutamente sollecitate, non hanno fornito i dati richiesti. La raccolta dei dati italiani è stata realizzata da Carlotta de Volpi in collaborazione con Karin Gavassa

Il triangolo azzurro indica le mostre a ingresso gratuito, il pallino rosso le rassegne con biglietto integrato a quello per visitare la sede. Le mostre contrassegnate con un quadratino giallo sono con biglietto dedicato, cioè mostre per le quali si paga un biglietto a parte rispetto a quello del museo che le ospita. Un fondo giallino indica le rassegne italiane nella classifica del mondo. 

Franco Fanelli, 19 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

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Artista, bibliotecario, insegnante privato di francese, organizzatore e geniale allestitore di mostre: il suo celebre orinatoio capovolto è stato considerato l’opera più influente del XX secolo. Usava lo sberleffo contro la seriosità delle avanguardie storiche, e intanto continuava a scandagliare temi come il corpo, l’erotismo e il ruolo dello spettatore

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