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Micaela Deiana
Leggi i suoi articoliCorte (Corsica). Il pensiero nomade di Deleuze e la «sua perpetua disgressione o disgressività» costituiscono la cornice entro la quale si incontrano i lavori degli artisti Francesco Gennari, Juan López e Tatiana Wolska, nel progetto «Nomadisme», visitabile al Frac Corse (Corte, Corsica) fino al 16 marzo.
Si tratta di tre mostre personali indipendenti, curate rispettivamente da Lorenzo Giusti (direttore del Museo Man di Nuoro e storico dell’arte), Glòria Picazo (storica e critica dell’arte) e Anne Alessandri (direttrice del Frac Corse e storica dell’arte), che sviluppano, con percorsi speculativi e formalizzazioni linguistiche estremamente differenti, una riflessione sulla capacità dell’uomo di vivere e costruire nuove realtà senza abbandonare la fisicità del luogo in cui si trova.
Il Nomadismo citato nel titolo non vuole infatti fare riferimento alla condizione del migrante, colui che si sposta da un luogo all’altro, ma all’atteggiamento interrogativo dell’uomo che gli permette di muoversi senza mai spostarsi dai luoghi, di vivere l’esperienza del viaggio senza movimento, «per pura intensità», per usare le parole dello stesso Deleuze. Chi più dell’artista sa esercitare questa felice attitudine esplorativa?
Le opere qui presentate costituiscono quindi i dispositivi per l’invito all’indagine del sé, attraverso l’esperienza di dialogo fra luoghi fisici e luoghi pensati, che spinge all’evasione consapevole del nostro sguardo, spingendoci quasi al metafisico.
Francesco Gennari presenta «Il luogo dove non c’è più posto per la coscienza», un lavoro del 2008 in cui l’artista sovrappone alla sala espositiva gli elementi architettonici del suo studio, evocati attraverso perimetri di lucide perle d’argento. Grazie alla citazione di angoli, colonne e pilastri i due spazi fisici del lavoro e della mostra si fondono e pongono il fruitore davanti a un terzo luogo, quello mentale dell’artista, da cui concettualmente si originano non solo le opere, ma anche gli ambienti reali che le accolgono. A questo lavoro si aggiunge una serie di disegni a matita e sanguigna, studiati appositamente per questa occasione, in cui è protagonista sempre lo spazio intellettuale generatore: attraverso un reticolo di impressioni grafiche e cancellature si imprime sul foglio il processo creativo, la speculazione e i ripensamenti che guidano la mano di Gennari, tracciando un labirinto di conscia indeterminatezza per l’artista e, per chi osserva, di curioso errare.
Se Gennari porta il suo spazio privato dentro il Frac, Juan López da quello del Frac crea il proprio personale. Partendo dai piedritti che reggono le volte della bella struttura difensiva in cui il museo è ospitato, sviluppa una riflessione site specific sulla percezione fisica dell’ambiente e la capacità di entrare in comunicazione con lo stesso, formalizzandola in un alfabeto grafico che diventa codifica del mondo. Gli elementi in legno occupano quindi lo spazio che li ha generati, in un corpo a corpo metalinguistico fra la percezione dell’uomo e la conquista del percepito. L’approccio analitico si fa slancio poetico nel momento in cui l’artista abbandona i caratteri del codice creato per il Frac per tornare a quello rassicurante del nostro alfabeto e cercare un dialogo con l’esterno della struttura, con lo sguardo aperto al paesaggio circostante.
Tatiana Wolska crea invece uno spazio nello spazio. A partire da legni di scarto, realizza un corridoio-ventre che attraverso gli ambienti del museo e accompagna in un’esplorazione dello stesso. Un antro che non accoglie, che suscita un sentimento di allerta per l’apparente instabilità dei materiali, eppure invita al passaggio, per l’organicità delle forme che sembrano in piena trasformazione, quasi mutare nell’accompagnare il passare dell’uomo.
Nel dialogo fra luoghi e ricerche così diverse, chi visita la mostra è gentilmente costretto a un costante mutare del suo pensiero e della sua percezione, a perdere e ritrovare il proprio centro nel percorrere i pochi metri della visita che, nell’esperienza espositiva, vengono dilatati negli aperti paesaggi speculativi creati dagli artisti e dai curatori.

L'opera di Tatiana Wolska. Foto: E. Pieri

L'opera di Tatiana Wolska. Foto: Alice Stella

L'opera di Tatiana Wolska. Foto: Alice Stella

L'opera di Juan López. Foto: Alice Stella

L'opera di Juan López. Foto: Alice Stella

L'opera di Francesco Gennari. Foto: Alice Stella

L'opera di Francesco Gennari. Foto: Alice Stella
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