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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliDopo due anni e mezzo di restauri, lo storico Théâtre du Châtelet ha ritrovato il suo lustro d’origine in stile Napoleone III ma con un cuore tecnologico da XXI secolo. Il teatro, opera dell’architetto Gabriel Davioud, fu inaugurato dall’imperatrice Eugenia nel 1862 nella place du Châtelet, di fronte al teatro «gemello», il Théâtre de la Ville, anch’esso oggetto di lavori che si protrarranno almeno fino al 2021.
L’intervento è costato 32,3 milioni di euro (il 10% in più del previsto) e ha visto procedere di pari passo il recupero dell’edificio storico e l’adeguamento impiantistico. Se l’urgenza del cantiere, infatti, s era dettata soprattutto dalla vetustà dei sistemi in particolare di sicurezza e dalla necessità di riparare le coperture, sono stati anche restaurati tutti i decori interni e le installazioni tecniche sceniche sono state modernizzate con l’introduzione di tecnologie all’avanguardia.
Inizialmente si è resa necessaria una non prevista fase preliminare di bonifica da amianto e piombo che ha allungato i tempi ma ora finalmente la bella facciata Secondo Impero è libera dalle impalcature. Sulla balaustra della terrazza Nijinski, al terzo piano, ormai aperta al pubblico, hanno trovato posto le quattro statue allegoriche (Danza, Dramma, Commedia e Musica), riprodotte sulla base di documenti d’archivio: gli originali erano misterosamente scomparsi un secolo fa. L’obiettivo dei restauratori era di «restituire al teatro un aspetto il più vicino possibile al progetto originale di Davioud», ha spiegato Christian Laporte, architecte du Patrimoine che ha diretto il cantiere insieme a Philippe Pumain.
La Grande Salle è spettacolare. «Qui il restauro è stato profondo, ha spiegato Laporte. Le balconate erano state verniciate più volte, si erano persi i contrasti di colore e molti decori erano coperti». Sono ricomparse dunque le maschere, i putti e le iscrizioni dei medaglioni. I colori e i dettagli delle pitture sono tornati vivi. È stato anche riportato alla luce, nascosto per decenni dietro una lastra di gesso, il delicato soffitto a vetri retroilluminato. Anche l’immenso lampadario è stato smontato e restaurato: ci sono voluti sei mesi.
Diverse le sorprese. Nei vestiboli e corridoi del teatro, le ricerche stratigrafiche hanno permesso di ritrovare, sotto mani di vernice di un triste colore beige, «i decori geometrici originali», sobri e eleganti, e nell’Avant Foyer i «falsi marmi in trompe l’oeil»; dietro soffitti di cartongesso sono inoltre ricomparse le modanature originali. Anche il Grand Foyer è stato interamente rinnovato.
Nei documenti d’archivio sono state trovate indicazioni sulle tonalità di colore scelte da Davioud per le pareti.

La Grande Salle del Théâtre du Châtelet di Parigi dopo il restauro. © Thomas Amouroux
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