Graziella Melania Geraci
Leggi i suoi articoliAlla chiusura della mostra «Arte e sensualità nelle case di Pompei» allestita nella Palestra Grande fino al 3 settembre, i gruppi scultorei dell’Ermafrodito e il Satiro e le due coppie di Centauri torneranno nel loro luogo di origine, a Oplontis, dove saranno collocate negli ambienti della Villa A, nota anche come Villa di Poppea, aggiungendosi ai reperti che da gennaio sono già in situ. L’iniziativa s’inserisce nel progetto che contribuirà anche alla fruizione e valorizzazione dei siti cosiddetti periferici ma afferenti al Parco Archeologico di Pompei diretto da Gabriel Zuchtriegel che ha risposto alle nostre domande.
In che cosa consiste il progetto?
Fa parte di una strategia più ampia, l’Unità Grande Pompei, che riguarda non solo gli allestimenti ma anche i biglietti, la fruizione, il racconto scientifico e il collegamento tra i siti per creare un unico grande parco dove il singolo sito diventa parte di un percorso, di una sorta di parco diffuso e con un biglietto unico. E già disponibile una navetta gratuita che da Pompei collega Oplontis e Villa Regina. Insieme con il Comune di Boscoreale e la Regione stiamo lavorando alla cosiddetta «Passeggiata archeologica» per unire Villa Regina alla Villa dei Misteri, pensando inoltre a un secondo futuro percorso o a una ramificazione verso Civita Giuliana, la straordinaria villa dove sono stati rinvenuti il Carro e la Stanza degli schiavi, non ancora fruibile per gli scavi in corso.
La Passeggiata archeologica è stata progettata dal Comune ed entro l’anno dovrebbe essere portata a termine, rimediando così alla mancanza di marciapiedi e di sicurezza per i pedoni. Il percorso verso Boscoreale includerà anche l’Antiquarium, ora chiuso per adeguamenti alle norme antincendio ma la cui riapertura è prevista tra qualche mese. Limitrofo all’Antiquarium si trova il Museo del Parco Nazionale del Vesuvio con il quale vorremmo collaborare.
La ricollocazione delle statue nel luogo d’origine verrà riproposta in altri siti?
Da tempo a Pompei si lavora su questo tema e l’idea ha origine agli inizi degli scavi, come diceva Scipione Maffei nel ’700: «Non abbiamo monumenti singoli ma un’intera città». All’epoca l’archeologia era ancora soprattutto storia dell’arte, quello che contava erano le opere, che si preferiva portare nelle collezioni a Portici o a Napoli, o gli affreschi che venivano staccati perché difficili da tenere in loco. Chi fece grandi passi in questa direzione fu Amedeo Maiuri che espose gli oggetti in situ, mostrando a Pompei ciò che faceva parte della vita quotidiana.
Massimo Osanna, come direttore, ha ripreso questo concetto e noi andiamo avanti in questa direzione grazie alle nuove tecnologie per la sicurezza e la videosorveglianza. Oggi ci sono tante possibilità per musealizzare gli oggetti nel luogo di rinvenimento come per la Casa di Cerere e la Casa dei Vettii (da poco riaperta), dove però abbiamo utilizzato copie delle statue originali perché ubicate all’aperto.
Il Doriforo di Stabiae, per il quale la Procura di Torre Annunziata ha richiesto assistenza giudiziaria internazionale per eseguire il decreto di confisca al Minneapolis Institute of Art (Mia), rientrerà al Museo Libero D’Orsi.
Speriamo innanzitutto che questa statua torni in Italia. I responsabili del Mia sapevano benissimo che era stata esportata illegalmente, lo conferma anche una comunicazione per l’acquisto della statua in cui si fa riferimento al vecchio furto di Castellammare di Stabia. La Procura ha compiuto un lavoro eccellente di ricostruzione del caso. Nel corso del tempo il Doriforo di Stabiae è diventato il Doriforo di Monaco, dove fu esposto per poco tempo, cancellando qualsiasi riferimento non solo a Stabiae ma anche all’Italia, diventando così un’opera senza provenienza.
Grazie ad alcune testimonianze conosciamo anche il mese del ritrovamento della statua (marzo 1976); il racconto del suo rinvenimento in mare prima del 1939 è risultato un pretesto inventato per dare una storia alternativa e giustificare l’acquisto. Fu scoperto invece durante i lavori di costruzione di una scuola non ancora identificata. Non è solo una copia dell’originale greco del V secolo, il Doriforo di Policleto, una delle opere più celebri dell’arte classica, ma è la testimonianza dell’appropriazione da parte dei Romani dell’arte greca e non a caso proviene da Stabiae, luogo dell’ozio, del lusso e delle ville con pitture straordinarie.
Per Villa Arianna e Villa San Marco quali progetti avete?
Al momento sono necessari lavori di adeguamento per rendere i siti accessibili ai disabili e allestire spazi per l’accoglienza. Quando ci saranno le condizioni applicheremo questo modello anche a Stabiae.
A Scafati, Salerno, il Polverificio Borbonico, sempre afferente al Parco di Pompei, non è visitabile.
Si tratta di un complesso enorme e stiamo elaborando un progetto di apertura e utilizzo nel grande programma di riqualificazione e valorizzazione delle aree verdi del Parco Archeologico di Pompei: circa 100 ettari tra Stabia, Pompei e Oplontis che attualmente hanno un costo di manutenzione per tagliare l’erba o potare gli alberi. Abbiamo intenzione di produrre vino nei vigneti di Pompei e olio d’oliva grazie ai tanti ulivi che ci sono per abbattere i costi di manutenzione e creare consapevolezza dei saperi antichi, dall’agricoltura alla dieta mediterranea.
A Pompei stiamo già utilizzando le pecore che mangiano l’erba a costo zero e senza impatto ambientale. Per il Polverificio abbiamo bisogno di partner privati. Al momento è stata riqualificata una parte del parco e stiamo ripristinando l’Essiccatoio che diventerà un deposito visitabile di materiali archeologici. Abbiamo poi vinto un finanziamento per la creazione di orti «sociali» per bambini disabili: il contatto con il verde genera enormi benefici per l’apprendimento e l’avvicinamento al patrimonio.
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