Alessandro Agresti
Leggi i suoi articoliIn concomitanza con le celebrazioni per i 500 anni dalla morte di Raffaello è in corso d’opera il progetto «Studio, restauro e valorizzazione del Putto reggifestone dell’Accademia Nazionale di San Luca», sotto la supervisione degli stessi autori. L’opera, tradizionalmente attribuita a Raffaello, è al centro di un cantiere di restauro iniziato il 7 gennaio, sponsorizzato da Mecenati Galleria Borghese-Roman Heritage Onlus.
Il progetto vede coinvolta un’équipe interdisciplinare costituita da Silvia Ginzburg, per lo studio e le ricerche storico critiche, Paolo Violini, che si occupa del restauro, Claudio Falcucci, che esegue le indagini diagnostiche. Collabora al progetto anche l’Unità di ricerca «Geometria descrittiva» del Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro della Sapienza Università di Roma, guidata da Marco Fasolo.
Il progetto non prevede solamente il restauro dell’opera, ma è un’operazione ben più complessa, che coinvolge diverse professionalità, reso possibile grazie a un mecenatismo intelligente che ha permesso l’avvio del cantiere. Sono previsti un volume e una giornata di studi al termine dei lavori.
Affascinante la storia di questo stacco a massello che è forse l’opera più famosa delle pur notevoli raccolte accademiche: appartenuto all’artista neoclassico Jean-Baptiste Wicar, e con ogni probabilità proveniente da Bologna, come informa Quatremère de Quincy nel 1829, venne lasciato come legato testamentario nel 1834.
Fu Pico Cellini, in occasione del restauro nel 1959, che mise in relazione l’opera al noto passo delle Vite del Vasari secondo il quale il putto sarebbe quel che rimane della prima versione dell’affresco raffigurante Isaia realizzato da Raffaello nella Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio a Roma. Dopo aver visto in compagnia di Bramante la volta della Cappella Sistina affrescata da Michelangelo, l’urbinate avrebbe rifatto ex novo la raffigurazione del profeta.
In quello stesso 1959 lo storico dell’arte Luigi Salerno ventilò l’ipotesi che il putto reggifestone potesse invece essere una copia dello stesso Wicar fatta passare come un originale. Certamente la conclusione del lavoro in fieri saprà dirimere dubbi e perplessità sull’opera e, eventualmente, restituirla senza più incertezze alla mano di Raffaello in persona.
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