Si’intitola «Nuova Mixage Up», prendendo spunto da un’iscrizione trovata per caso su una cassetta un tempo usata per confezionare bottiglie di liquore, ma questa mostra (dal 16 gennaio al 28 marzo) suona nuova anche come esperienza per la Fondazione Federico Zeri, l’ente dedicato al grande storico dell’arte che per la prima volta propone un progetto d’arte contemporanea inserito nel programma di Art City Bologna, la manifestazione che, in occasione di Arte Fiera (7-9 febbraio), si espande nella città con numerosi eventi.
La mostra, a cura di Roberto Pinto, si propone come un’unica grande installazione pensata appositamente per lo spazio da Flavio Favelli (Firenze, 1967), autore che da lungo tempo incentra il suo lavoro sull’esplorazione della dialettica tra contenitore e contenuto. Per questo progetto, Favelli ha scelto di intervenire nella vasta sala di lettura della Fondazione, luogo altamente simbolico dell’eredità culturale di Zeri, un grande patrimonio di volumi d’arte custoditi nelle librerie che rivestono le pareti dell’open space coperto da capriate lignee dell’ex dormitorio delle novizie del convento rinascimentale di Santa Cristina, sede della Fondazione e del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna.
In questo scenario, in cui l’oggetto libro domina completamente lo spazio, Favelli ha scelto di inserire anche un’altra tipologia di oggetto, la bottiglia, per portare l’attenzione sulla relazione tra forma e contenuto, attraverso un allestimento di impatto scenico rigoroso. Lo ha fatto inserendo al centro della sala quattro nuovi scaffali in legno, in cui sono disposte in ordinata esposizione una collezione di bottiglie di liquore delle numerose distillerie italiane attive tra gli anni Cinquanta e Settanta, quando ogni piccola azienda locale commercializzava la propria peculiare produzione, utilizzando contenitori dalle forme personalizzate.
Le bottiglie, private delle loro etichette per spostare l’attenzione dal contenuto alla forma, mantengono così un’identità distintiva, e ancora riconoscibile da chi ha memoria di quel periodo storico, di grande interesse per l’artista. La particolare collezione di 216 bottiglie di forme e colori diversi, tutte ancora chiuse con all’interno il loro contenuto originale, è stata raccolta nel corso di molti anni dallo stesso Favelli, e rappresenta un insieme di varietà cromatiche e plastiche significativo della capacità che ciascuno di questi oggetti aveva di evocare nell’immaginario collettivo luoghi di produzione, sapori, aromi e soprattutto un saper fare artigianale ormai perduto, sopraffatto dalla produzione industriale di largo consumo. La mostra è accompagnata da un catalogo dell’editore veneziano bruno, a cura di Andrea Bacchi e Roberto Pinto.