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Louise Lawler, «Salon Hodler», 1992-93

Courtesy the artist and Sprüth Magers

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Louise Lawler, «Salon Hodler», 1992-93

Courtesy the artist and Sprüth Magers

500 opere della Collezione Ringier alla Fondazione Langen

In un’ex base missilistica della Nato, riconvertita in museo da Tadao Ando, è esposta una selezione degli oltre 5mila pezzi raccolti in trent’anni dall’editore e imprenditore svizzero Michael Ringier

«È un’onda d’arte, un movimento costante»: così Wade Guyton descrive la mostra «Disegno, Pittura, Scultura, Fotografia, Film, Video, Suono. Collezione Ringier 1995-2025», che la Fondazione Langen di Neuss, in Germania, presenta dal 13 aprile al 5 ottobre. Lo dice con la consapevolezza di chi è stato «travolto» dalle circa 5mila opere che compongono la Collezione svizzera Ringier.

L’artista americano e Beatrix Ruf (curatrice della collezione dal 1995 al 2014) firmano la curatela di questa mostra che riunisce ben 500 opere, dalla fine degli anni Sessanta ai giorni nostri, raccontando i trent’anni di collezionismo di Michael Ringier, editore e imprenditore dei media svizzero, nonché i principali sviluppi nel mondo dell’arte.

«Conosco Michael Ringier da tempo perché ha collezionato il mio lavoro, e ho lavorato con Beatrix su altre mie mostre, ma non sapevo che la collezione fosse di questa entità. Quando mi sono trovato davanti a centinaia di pagine di inventario ho capito davvero che cosa significasse. Non ho voluto limitarmi a mostrare le opere che mi piacciono, ma cercare di creare un’esperienza soddisfacente per lo spettatore», ha dichiarato Guyton.

Come spiega Beatrix Ruf, «una delle caratteristiche che è subito emersa è l’ampio approccio in termini di media e scelte artistiche. Le opere di grandi dimensioni hanno la stessa rilevanza di piccoli lavori su carta. La collezione procede per acquisizioni di gruppi di lavori perché tra le sue  intenzioni c’è proprio quella di individuare l’interezza della pratica. La variazione che si individua partendo da una bozza e avendo poi davanti a sé il lavoro finale di un artista è stata una delle cose che ci ha fatto muovere all’interno della collezione».

Kai Althoff/Robert Elfgen, «Das Floss», 2004. © Kai Althoff / Robert Elfgen. Courtesy the artist and Gladstone Gallery and Sprüth Magers

Lukas Duwenhögger, «Study for an Abandoned Post-Modernist Landscape», 1985. © Lukas Duwenhögger. Courtesy the artist, Sylvia Kouvali, London/Piraeus and Galerie Buchholz

Si capisce molto bene che cosa intenda Beatrix quando ci si trova davanti a una tela di Guyton larga sei metri, giustapposta alle teche che proteggono elaborati lavori di piccoli dimensioni. Si prosegue poi verso l’area dedicata alla fotografia, alla rampa che porta ai grandi dipinti e si arriva infine a un ampio spazio in cui i curatori hanno aggiunto enormi piedistalli per ospitare le sculture, il tutto mentre si è raggiunti da opere sonore. Eppure, ogni media trova il modo di interagire con gli altri.

In questo percorso, si incontrano opere di grandi artisti internazionali come Cindy Sherman, Andreas Gursky, Barbara Kruger, John Baldessari, Wolfgang Tillmans, Raymond Pettibon, Richard Prince, Rosemarie Trockel, Urs Fischer e Alighiero Boetti.

«Wade sfida il concetto di medium pittorico integrandolo con la fotografia, aggiunge Ruf. Utilizza il disegno ma ha un approccio molto legato all’architettura e questo modo di unire i vari media ha dato il via per guardare ai lavori nella collazione. Ci sono momenti in cui stai nello spazio e sei isolato da tutto. Volevamo prendere questi momenti e amplificarli, modificando la percezione dello spazio. Organizzare una mostra, del resto, vuol dire risolvere problemi. Si ha a che fare con molte opere, caratterizzate da tanti strati di significati, per cui in certi momenti le cose si scontrano davanti a te, interagendo in modi bizzarri e inaspettati. E questo è bellissimo».

Attraverso queste esplorazioni, la mostra invita a vedere la collezione non come una semplice raccolta di opere, ma come una narrazione dinamica che apre costantemente nuove prospettive. Nonostante la Fondazione Langen si trovi un po’ fuori mano, nella campagna attorno a Düsseldorf, vale sicuramente il viaggio: l’edificio è stato progettato da Tadao Ando e sorge su un’ex base missilistica della Nato. L’architetto giapponese ha creato una continuità tra l’interno e l’esterno dell’edificio utilizzando cemento armato, vetro e acciaio in una costruzione a doppio guscio, che crea continui giochi con il paesaggio circostante. Come fa notare giustamente Beatrix Ruf, «siamo nel mezzo della campagna, e al momento siamo circondati da ciliegi in fiore. Venire qui vuol dire prendersi il proprio tempo, visitare la mostra e poi magari fare un passeggiata, tornare e dedicarsi al programma cinematografico, che cambia costantemente».

Fischli/Weiss, «Hostessen», 1989. © Fischli/Weiss. Foto: Paul Seewer

Andreas Gursky, «Prada II», 1997. © Andreas Gursky / Vg Bild-Kunst, Bonn 2025. Courtesy Sprüth Magers

Giulia Grimaldi, 11 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

500 opere della Collezione Ringier alla Fondazione Langen | Giulia Grimaldi

500 opere della Collezione Ringier alla Fondazione Langen | Giulia Grimaldi