Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Afro, «Foro romano», 1935

© Fondazione Archivio Afro. Foto: Massimo Napoli

Image

Afro, «Foro romano», 1935

© Fondazione Archivio Afro. Foto: Massimo Napoli

A Perugia le diverse vie dell’Informale con Afro, Burri e Capogrossi

Palazzo della Penna riafferma la sua vocazione di Centro per le Arti Contemporanee raccontando il superamento della figurazione nel secondo dopoguerra

L’interesse verso l’Arte informale, in particolare per le ricerche italiane, continua a essere alimentato da studi e mostre che, sempre di più in questi ultimi anni, ne hanno messo in luce dettagli e peculiarità, mostrando la forza di un linguaggio che è stato realmente capace di essere internazionale. In questo caso l’attenzione è rivolta a tre grandi nomi dell’Informale italiano, Afro, Burri e Capogrossi, osservati in un arco di tempo che va dagli anni Trenta ai Cinquanta, durante i quali ciascuno progressivamente abbandona l’arte di figura, astraendo sempre di più il proprio segno. La mostra «Alfabeto senza parole», allestita dal 18 aprile al 6 luglio nel Palazzo della Penna-Centro per le Arti Contemporanee di Perugia, è a cura di Luca Pietro Nicoletti e Moira Chiavarini, con il coordinamento scientifico di Alessandro Sarteanesi.

«Questa mostra racconta il percorso di tre grandi maestri del Novecento, di età diverse ma che hanno vissuto lo stesso clima culturale, mettendo a confronto l’evolvere delle loro ricerche in una stagione cruciale, afferma Nicoletti. Dagli anni Trenta alla fine dei Cinquanta, compresa la drammatica parentesi della guerra, il lavoro di Afro, Burri e Capogrossi si fa via via sempre più astratto. In questo modo, i tre entrano rapidamente nel circuito internazionale, ma allo stesso tempo raccontano attraverso il segno, il colore e la materia un’Italia che si sta trasformando». Infatti, la mostra si concentra su due specifiche svolte stilistiche che hanno interessato tutti e tre gli artisti. La prima, come già detto, quella dagli anni Trenta ai Quaranta, durante i quali si verifica il drastico taglio con la figurazione. D’altra parte, le circostanze avevano portato gli artisti a considerare l’arte non più in termini di rappresentazione e non più utile a una riflessione sui suoi valori formali, quanto invece obbligata a ravvisarvi unicamente pulsioni esistenziali. Da questo momento in poi lo spazio della tela come luogo dell’io dell’artista si misura con un’astrazione che ripristina la tradizione espressionista, quale condizione conflittuale con la realtà. 

Alberto Burri, «Sacco», 1953. © @Fodazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Città di Castello. Foto: Alessandro Sarteanesi

La successiva svolta avviene negli anni Cinquanta e s’identifica nella concomitanza dei tre nella città di Roma, dove i riferimenti più importanti saranno i modelli francesi e quelli americani e l’abbandono di una sintesi fra Cubismo e Surrealismo, tentata dalla Scuola di New York, a favore di un’astrazione geometrica sempre più marcata. Il passo verso il successo internazionale è breve: lo testimonia la mostra «The New Decade. 22 European Painters and Sculptors» al MoMA nel 1955, nella quale sono presenti, insieme a tantissimi altri, proprio Afro, Burri e Capogrossi.

La mostra è prodotta e organizzata dal Comune di Perugia e Magonza (editrice del catalogo) con la partecipazione della Fondazione Archivio Afro, la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri e della Fondazione Archivio Capogrossi. Sono più di 100 le opere esposte, provenienti dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, l’Accademia di Belle Arti di Perugia, le fondazioni e gli archivi degli artisti e da numerosi prestatori privati. «Con questa mostra Palazzo della Penna riafferma la sua vocazione, recentemente ritrovata, di Centro per le Arti Contemporanee, e lo fa riportando a Perugia il maggiore artista umbro del Novecento assieme ad Afro e Capogrossi, raccontando quel delicato momento del secondo dopoguerra durante il quale molti artisti giovani (ma anche maturi come Capogrossi) svilupparono l’esigenza di superare la figurazione e cimentarsi con le variegate ricerche dell’Informale», ha affermato Marco Pierini, vicesindaco e assessore alla Cultura di Perugia.

Giuseppe Capogrossi, «Superficie 14», 1953. Courtesy Repetto Gallery

Maria Letizia Paiato, 16 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

A Perugia le diverse vie dell’Informale con Afro, Burri e Capogrossi | Maria Letizia Paiato

A Perugia le diverse vie dell’Informale con Afro, Burri e Capogrossi | Maria Letizia Paiato