«Reclining Painter», uno dei recenti autoritratti di Celia Paul

Art work © Celia Paul / Cortesia dell’artista e di Victoria Miro

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«Reclining Painter», uno dei recenti autoritratti di Celia Paul

Art work © Celia Paul / Cortesia dell’artista e di Victoria Miro

A Wharf Road due sacerdotesse del tempo: Paul e Essenhigh

La stagione primaverile della galleria Victoria Miro parte con le personali di due artiste, indo-britannica la prima, statunitense la seconda

Victoria Miro ospita questa primavera due mostre: una di nuovi dipinti di Celia Paul, l’altra di Inka Essenhigh, di opere terminate l’anno passato (date per entrambe, 14 marzo-17 aprile).

Ottava mostra personale di Paul con la galleria, «Colony of Ghosts» coincide con il lancio di una nuova monografia, che sarà pubblicata da Mack in questo mese di marzo e che abbraccia circa cinquant’anni di pittura dell’artista.

Celia Paul ha una considerazione molto personale del tempo, e del rapporto unico della pittura con esso; questo tema è fondamentale nelle sue ultime opere. Costanza e cambiamento, e il modo in cui il passato è sempre in dialogo con l’eterno presente dell’immagine dipinta, sono per Paul indissolubilmente legati a una considerazione del sé: il sé immediato, così come i sé che siamo stati nelle ombre, negli specchi o nei ricordi, e i molti sé che riconosciamo o forse confutiamo nella percezione degli altri. In una sua opera, «Reclining Painter», l’artista è sdraiata su una chaise-longue nel suo studio di Bloomsbury, con la testa rivolta verso lo spettatore e lo sguardo rivolto all’interno. «Sto pensando al passato, scrive, ma la pittura vive al presente, sempre».

L’opera che dà il titolo alla mostra, «Colony of Ghosts», è ispirata a una fotografia piuttosto nota di John Deakin che ritrae i pittori della School of London mentre pranzano insieme nel ristorante Wheeler's di Soho nel 1963. Nel dipinto di Paul l’attenzione si concentra su quattro di questi pittori: Lucian Freud, Francis Bacon, Frank Auerbach e Michael Andrews. Si tratta sia di un omaggio, sia di un esame dell’ansia residua di Paul nei suoi rapporti con questo club maschile: «Rappresentano “casa” per me, perché appartengo a loro, anche se non possono farmi entrare», commenta l’artista.

La sesta mostra personale di Inka Essenhigh con la galleria comprende un corpus di opere realizzate nel corso dell’ultimo anno, con motivi botanici, paesaggistici e figurativi in bilico tra un esuberante mondo esterno e una potente coscienza interiore.

I dipinti di Inka Essenhigh seducono e disarmano in egual misura. Ogni quadro è un mondo a sé stante, governato da una propria logica e in possesso di una propria narrazione. Ognuno ha la sua «ecologia» e i suoi protagonisti, umani, floreali o di altro tipo. Ognuno irradia la sua particolare qualità di luce.

La collocazione della pittura di Essenhigh nel tempo e nel luogo è sempre stata parte della sua sfida e del suo fascino. L'artista ha parlato del desiderio di creare «una sensazione contemporanea e storica allo stesso tempo... dove si può percepire che il mondo in cui si cammina è primordiale ma dà anche la sensazione di qualcosa di contemporaneo e futuristico». La mostra è corredata da una pubblicazione con un saggio di George Saunders.

 

 

 

Inka Essenhigh, «Ghost Pipes», 2024. © Inka Essenhigh. Cortesia dell’artista e di Victoria Miro

Gaspare Melchiorri, 01 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

A Wharf Road due sacerdotesse del tempo: Paul e Essenhigh | Gaspare Melchiorri

A Wharf Road due sacerdotesse del tempo: Paul e Essenhigh | Gaspare Melchiorri