«Grey Area (Brown Version)» (1993) di Fred Wilson, New York, Brooklyn Museum

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«Grey Area (Brown Version)» (1993) di Fred Wilson, New York, Brooklyn Museum

Al Met le origini egizie degli afroamericani

Sulla base di un’obsoleta divisione delle etnie in continenti, il museo newyorkese affronta il tema del rapporto tra artisti neri e antico Egitto con un approccio sorprendentemente colonialistico

Il 17 novembre inaugura al Metropolitan Museum di New York la mostra «Fuga in Egitto: artisti neri e antico Egitto, dal 1876 a oggi» il cui scopo è quello di «esaminare come l’arte e la cultura degli africani espatriati si siano confrontate con l’antico Egitto». L’evento riunisce 200 opere che utilizzano vari mezzi espressivi provenienti soprattutto dalle collezioni newyorkesi, ma anche da Africa, Asia, Caraibi ed Europa. Sezioni tematiche esploreranno i vari approcci adottati da artisti e studiosi africani nel creare un’unica identità culturale inesistente a partire dall’antico Egitto. «La mostra, spiega Akili Tommasino, curatore nel Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea del Metropolitan e ideatore della mostra, prende il titolo dal dipinto “Fuga in Egitto” (1923), emblema di fugacità e creatività senza tempo dell’artista espatriato Henry Ossawa Tanner, il primo pittore afroamericano riconosciuto a livello internazionale, che visitò l’Egitto nel 1897». Colpisce che l’evento, secondo quanto riportato dal comunicato stampa, indaghi l’affinità con la terra dei faraoni in opposizione alla definizione dell’Egittologia del XIX secolo che distingueva l’antico Egitto dall’Africa nera e lo caratterizzava invece come protoeuropeo. 

Verrebbe da dire… Ma quando mai? L’Egittologia non ha mai fornito tale lettura e la civiltà faraonica è tuttora vista come un connubio tra Vicino Oriente e Nubia con contributi delle popolazioni sahariane difficili da quantificare perché avvenuti in epoca preistorica. Se gli artisti neri e altre figure culturali (?) la percepiscono come protoeuropea, è probabile che dipenda dal fatto che l’Occidente deve al pensiero sviluppatosi nella Valle del Nilo e nel Medio Oriente in epoca pregreca molto più di quanto Europa e Nazioni derivate siano attualmente disposte ad ammettere. 

Sorprende anche l’approccio colonialistico con cui la mostra newyorkese affronta l’argomento. È infatti basata sull’obsoleta divisione delle etnie in continenti che non dovrebbe più esistere. L’Egitto è africano sugli atlanti, ma appartiene alla regione Mena (Middle East and North Africa) per cultura e, da questo punto di vista, ha poco da spartire con le regioni a sud del Sahara. È sufficiente una conoscenza generale della storia dell’Africa (Ancient Civilization of Africa, a cura di Mokhtar Gamal, Unesco 1981 e 1993) per rendersi conto che le vicende che la riguardano sono note soltanto a partire da poco prima del 1000 e gli unici movimenti di popolazioni rilevabili, attraverso gli studi linguistici, sono da ovest verso est, ovverosia in opposizione a quelli ipotizzati dalla mostra newyorkese.

A chi ha una minima dimestichezza della civiltà egizia, appare anche stupefacente che gli artisti neri pongano le proprie radici in una cultura che ha sempre trattato con disprezzo gli africani a portata di mano (i nubiani). Vero è che per cento anni (750-650 ca) l’Egitto è stato governato dai cosiddetti faraoni neri. Erano però sudanesi e nulla avevano a che spartire con i vicini settentrionali. La mostra, così come il cercare origini egizie da parte degli afroamericani, lascia quindi un po’ perplessi alla luce di una percezione, scientifica e scevra da pregiudizi, delle culture che fiorirono lungo la Valle del Nilo.

Verrebbe quasi da pensare a una voluta o inconsapevole ignoranza. In questa prospettiva è interessante l’opera «Grey Area (Brown Version)» (1993) di Fred Wilson, in mostra grazie a un prestito del Brooklyn Museum. Wilson ha dipinto cinque copie del famoso busto di Nefertiti, ora a Berlino, in una scala di colori dall’avena al cioccolato scuro. L’intenzione è di sollevare, senza rispondere, domande controverse sull’identità razziale degli Egizi. Curiosa la scelta del busto berlinese, giunto in Europa all’inizio del XX secolo quando si riteneva che Nefertiti avesse origini indoeuropee. Il risultato ottenuto da Wilson è davvero dettato dal desiderio di attribuire caratteri africani alla regina o non corrisponde piuttosto a un inconscio tentativo di correggere un errore percepito nell’opera di partenza grazie alla sua sensibilità artistica? 

Francesco Tiradritti, 15 novembre 2024 | © Riproduzione riservata

Al Met le origini egizie degli afroamericani | Francesco Tiradritti

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