«Metronomo, non farlo» (2023) di Alessandra Spranzi

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«Metronomo, non farlo» (2023) di Alessandra Spranzi

Alessandra Spranzi nella «trappola» di Casa Morandi

Fotografie e video colgono l’atmosfera del luogo e lo spirito dell’artista nella sua casa studio di via Fondazza a Bologna: uno spazio con cui pochi riescono davvero a entrare in dialogo 

 

Casa Morandi è uno spazio espositivo difficile. Molti progetti realizzati qui negli anni hanno perso la sfida, non sono riusciti a entrarne in dialogo. Alessandra Spranzi (Milano, 1962), invece, nella sua presenza diffusa in quella che fu la dimora bolognese e lo studio dell'artista Giorgio Morandi e della sua famiglia, dal 1933 fino alla sua morte nel 1964, in via Fondazza 36, è riuscita nell’impresa.

«Casa Morandi è una trappola, non solo il luogo ma l’idea stessa di lavorare con Morandi», racconta. Eppure la sua opera fotografica e video risuona di una poesia pervasiva e potente. A partire dalla storia della genesi del progetto stesso, curato da Lorenzo Balbi, che si intitola «Il quale cerca solamente la sua bellezza, nel modo qui descritto».

«Avevo un’idea da cui ero partita, ma poi, durante un sopralluogo, mi sono resa conto che non funzionava, racconta l’artista. Mi è venuto allora in mente un vecchio negativo che avevo lì da dieci anni, uno scatto che non avevo amato allora, in cui ritraevo una pagina strappata dal libro Giorgio Morandi di Arnaldo Beccaria (la prima monografia dedicata all’artista, pubblicata nel 1939 dall’Editore Ulrico Hoepli, all’interno della collana “Arte Moderna Italiana”, Ndr), che avevo dovuto buttare via perché si era riempito di muffa, insieme a un tubo di rame raccolto per strada». 

Spranzi porta il negativo dal suo stampatore, che, come sempre, realizza varie prove per trovare la giusta sfumatura di colore e di luce: una troppo rossa, l’altra troppo verde, ma nell’insieme, vedendole come declinazioni dell’idea di ripetizione, capisce che è quello il lavoro. Quella la sintonia perfetta con Morandi, che della ripetizione, della variazione sugli oggetti ha fatto la sua pratica. Così, secondo il modus caratteristico di Spranzi di fotografare fotografie, l’artista entra in una relazione intima con l’opera ritratta, una «Natura morta» del 1920, in un’assonanza con la prassi morandiana

«Making of Ein Tisch» (2018) di Alessandra Spranzi

Le dieci fotografie, «Sul tavolo #80» (2014-2024) vibrano della stessa energia mentre le si osserva in una dimensione che sembra dilatare il tempo e lo spazio. Appare una visione comune sulle infinite apparenze del visibile, che muta in ogni istante, in ogni sguardo, mai ripetibile, uguale. «Simile non identico», come scrisse Salvo in una serie di lapidi negli anni Settanta. 

Ogni volta la realtà colta in una delle sue anime possibili, svelate nello stare addosso agli oggetti umili della quotidianità, in loro ascolto come porte sull’invisibile, aspettando una rivelazione che si manifesta impercettibile ma evidente, sia nella pittura sia nella fotografia. Insieme, due video di Spranzi, il primo («Metronomo, non farlo», 2023) è un incontro ravvicinato con alcuni oggetti su una tavola, tra tazze, piattini, un coltello, con il ritmo scandito da un metronomo e il suono musicale di un esercizio di chitarra disturbato dal rumore di metallo che cozza con la ceramica. Diventa ipnotico e sembra che tutti gli oggetti reali di Casa Morandi e quelli dipinti nei quadri entrino in sintonia e risuonino. Il secondo video («Making of Ein Tisch», 2018), una piccola apparizione al fondo di un angusto corridoio, cerca in maniera rudimentale la forma degli oggetti, quasi una scoperta su qualcosa di sconosciuto, inquadrandoli su un tavolo attraverso il dispositivo di un cono di cartone posizionato davanti all’obiettivo.

Completa il progetto (visibile fino al 16 marzo)  un poster, che viene dato in dono al pubblico e che aggiunge una parte artistica ma anche di lettura critica su Morandi con un bellissimo testo dell’artista stessa. «Nel poster ho fotografato due pagine di un vecchio manuale per la potatura delle rose, quel gesto di potare mi sembra corrispondere perfettamente all’atteggiamento di Morandi e al mio nella ricerca di una misura delle cose, della bellezza, di una forma che non esiste ancora ma che si insegue, ideale. Un fare, nei confronti della realtà, che è duro e tagliente per la sua precisione, come la lama di un giardiniere che pota e prevede con sapienza quale sarà la sagoma futura della pianta. La lama di Morandi era la pittura, la mia la fotografia».

Potatura di una rosa, dal libro «The cultivation of the Rose», The National Rose Society, 1958 Sull’altro lato, «Sul Tavolo #80», una delle 10 fotografie stampate per la mostra a Casa Morandi, formato 30x40 cm, 2014-24

Olga Gambari, 03 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

Alessandra Spranzi nella «trappola» di Casa Morandi | Olga Gambari

Alessandra Spranzi nella «trappola» di Casa Morandi | Olga Gambari