Le trecento opere d’arte riunite alle Terme di Diocleziano dal 4 maggio al 30 luglio nella mostra «L’istante e l’eternità. Tra noi e gli antichi» illustrano uno dei temi fondanti della nostra coscienza, anche di uomini moderni: il rapporto con la classicità. Opere greche, romane, etrusche, italiche, medievali, moderne e contemporanee ripercorrono così storia, modi e forme di un’eredità che giunge ai nostri giorni, suscitando un ininterrotto stupore.
È questo lo spirito con cui hanno cooperato i curatori Stéphane Verger (direttore del Museo nazionale romano), Massimo Osanna (al vertice della Direzione generale musei), Maria Luisa Catoni (storica dell’arte antica) e Demetrios Athanasoulis (direttore dell’Eforia delle Antichità delle Cicladi) per la progettazione di una mostra che ha visto la collaborazione dei Ministeri della Cultura greco e italiano, ovvero i due Paesi-matrice di ciò che si intende con il termine classicità.
Due sono le prospettive che hanno guidato le scelte delle opere, quella di una classicità esteriore (rappresentazione del potere e della storia) e quella pertinente una classicità interiore (scandaglio dell’animo umano). Entrambe le visuali si incontrano nel documento rappresentato dall’opera d’arte.
Da Santorini giunge una delle più antiche sculture arcaiche, una Kore del 660 a.C., ieratica e assoluta. Romana è invece una testa di giovane africano, scolpita nel II secolo a. C. nel raro marmo bigio morato a grana fine. Dal Museo archeologico nazionale di Firenze arriva invece il bronzeo «Arringatore» del I secolo a. C., con il braccio levato, la toga che fascia compatta il personaggio e il realismo espressivo del volto.
Per la prima volta, peraltro, vengono presentati al pubblico due importanti scoperte degli ultimi anni: la Statua di Ercole dell’Appia Antica e il Carro da parata di Civita Giuliana, presso Pompei. Quest’ultimo manufatto è un carro cerimoniale a quattro ruote, arricchito da decorazioni in bronzo e stagno, oltre che da preziose scene figurate a sfondo erotico, sempre in bronzo e stagno.
È stato ritrovato quasi integro un paio di anni fa. Ancora più recente è il reperimento della Tabula Chigi, un rilievo del I secolo a.C. o del I d.C., in cui, accanto a raffinate figure non ancora identificate, compare Alessandro Magno accompagnato da un’iscrizione greca che recita: «I re si sono inginocchiati davanti alla mia lancia, e anche i loro popoli, quanti sono gli abbracci degli oceani intorno alla terra...».
Le sezioni in cui si articola il percorso espositivo sono dedicate ai temi della letteratura, dei miti, delle divinità, delle concezioni del cosmo (in mostra anche l’Omphalos, ovvero l’ombelico del mondo, che si trovava nel Santuario di Apollo a Delfi), della vita sociale e della rappresentazione dell’uomo. Sul sito del Museo Nazionale Romano saranno disponibili anche testi in linguaggio facilitato, dedicati a persone con disabilità cognitiva e bisognose di una didattica speciale.