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Exhibition view della mostra «Anamnesis Pictoria» di Andrea Facco

Courtesy of Galleria Alessandro Casciaro

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Exhibition view della mostra «Anamnesis Pictoria» di Andrea Facco

Courtesy of Galleria Alessandro Casciaro

Andrea Facco risveglia la memoria della pittura

Nella mostra «Anamnesis Pictoria» alla Galleria Alessandro Casciaro di Bolzano, l’artista veronese esplora la soglia tra presenza e assenza, tra gesto e fantasma

Monica Trigona

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C’è una pittura che non rappresenta ma ricorda, che non ritrae ma evoca la sua stessa condizione di esistenza, il suo corpo, la sua ombra. È quella di Andrea Facco, protagonista della mostra «Anamnesis Pictoria» visitabile fino al 27 novembre 2025 presso la Galleria Alessandro Casciaro di Bolzano.

Il titolo, che unisce i concetti di memoria e pittura, suggerisce la direzione di un percorso che si muove tra materia e pensiero, tra la fisicità del colore e la sua dissolvenza nel ricordo. Due serie recenti e strettamente intrecciate — «Tavolozze» e «Ghost Paintings» — dialogano in uno spazio di tensione reciproca, dove la pittura si fa esercizio di consapevolezza.«Con questa mostra Andrea Facco presenta la sua terza mostra monografica presso la Galleria Alessandro Casciaro, consolidando in questo modo un rapporto artistico e personale che dura ormai da oltre un decennio», afferma Alessandro Casciaro, gallerista e curatore della mostra.

Andrea Facco, «Tavolozza n.8». Courtesy of Galleria Alessandro Casciaro

Andrea Facco, «Tavolozza n.9». Courtesy of Galleria Alessandro Casciaro

Le «Tavolozze» di Facco sono superfici sature di energia cromatica, campi dove il colore esplode, si sedimenta, sopravvive al gesto dell’artista. Sono tracce del fare pittorico, resti vitali di un processo che, invece di concludersi nell’opera finita, si rigenera in una nuova presenza. Qui la pittura diventa soggetto autonomo, liberata dal compito di rappresentare. Da queste sedimentazioni nasce il «grigiocolore», ottenuto dalle acque di lavaggio dei pennelli: un residuo apparentemente neutro, eppure carico di memoria. È questa materia fantasma che dà vita ai «Ghost Paintings», copie di opere perdute, distrutte, trafugate — da Caravaggio a Klimt, da Raffaello a Bellini — riproposte in scala reale, ma immerse in una tonalità spettrale e sospesa.

«Il dialogo tra le due serie nasce come un respiro doppio della pittura», spiega Andrea Facco. «Benché autonome, le serie si rapportano in una reciproca esistenza. Le “Tavolozze” rappresentano la dimensione concreta e materica della pittura: sono il luogo in cui il colore si accumula e si emancipa dalla funzione rappresentativa. Da questa materia residua nasce il grigiocolore, punto di partenza per i “Ghost Paintings”, che ne conservano la traccia e la vibrazione del gesto ormai svanito. Le due serie si pongono così in continuità, come presenza e assenza di una stessa sostanza pittorica».

La serie dei «dipinti fantasma» è iniziata nel 2020, «con un d’apres dedicato al maestro bolognese Giorgio Morandi, su di un’opera resa celebre per la sua storia misteriosa. Rubata negli anni Ottanta alla Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi di Firenze, risulta oggi ancora dispersa. Si tratta, per tutte le opere della serie, di opere andate perdute, distrutte dai bombardamenti durante le guerre mondiali, e/o distrutte dal regime nazista, da incendi museali o opere legate a furti eccezionali. I protagonisti della serie sono quindi copie di quadri che non esistono più, negati per sempre ai nostri occhi!», racconta l’artista.

Attraverso un rigoroso lavoro di mimesi — rispettando misure, supporti e tecniche degli originali — egli riflette sulla tradizione accademica della copia, intesa non come esercizio imitativo, ma come strumento di conoscenza e riappropriazione del linguaggio pittorico. Tutti i lavori realizzati con materia di scarto per l’occasione, ora sostanza poetica e concettuale, interrogano la natura della rappresentazione e il valore dell’immagine perduta. La restituzione simbolica è un omaggio a ciò che «è ma non è più qui».

In questa dialettica tra pienezza e mancanza, il percorso espositivo diventa un esercizio filosofico sulla pittura stessa: la tela non è più un’immagine del mondo, ma una soglia che trattiene la memoria del tempo, un corpo che pensa. La pittura, per Facco, diventa un vero atto di resistenza contro la velocità dell’immagine digitale e, soprattutto, contro la dispersione della memoria. 

 

 

Andrea Facco, «Grigiocolore 106 (da Giovanni Bellini, Madonna col Bambino, 1500 ca.)», 2025. Courtesy of Galleria Alessandro Casciaro

Andrea Facco, «Grigiocolore 102 (da Gustav Klimt, Malcesine sul Lago di Garda, 1913)», 2025. Courtesy of Galleria Alessandro Casciaro

Monica Trigona, 30 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

Andrea Facco risveglia la memoria della pittura | Monica Trigona

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