«Fuga di Enea da Troia» (1598) di Federico Barocci, Roma, Galleria Borghese

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«Fuga di Enea da Troia» (1598) di Federico Barocci, Roma, Galleria Borghese

Barocci, il più ammirato, richiesto e pagato

Nel Palazzo Ducale di Urbino riuniti dai musei di tutto il mondo oltre 80 capolavori del pittore marchigiano, erede di Raffaello e anticipatore del Barocco 

In occasione dell’apertura della Galleria Nazionale delle Marche, nel maggio del 1913, il suo primo direttore, un giovanissimo Lionello Venturi, annunciò una mostra dedicata a Federico Barocci (Urbino, 1535-1612) per celebrarne il terzo centenario della morte. L’evento non ebbe luogo e solo oggi, a più di 110 anni di distanza, il museo dedica, dal 20 giugno al 6 ottobre, la monografica «Federico Barocci Urbino. L’emozione della pittura moderna» al sensibile pittore marchigiano la cui opera chiude idealmente la grande stagione del Rinascimento urbinate, dominata da artisti del calibro di Piero della Francesca, Bramante e Raffaello

A cavallo fra due secoli, la pittura di Barocci illumina come una supernova gli ultimi anni dell’indipendenza del Ducato, destinato con la morte di Francesco Maria II Della Rovere nel 1631 alla devoluzione allo Stato Pontificio. Curata con Anna Maria Ambrosini, che ringrazio per la generosità e l’acume scientifico, con la collaborazione di Giovanni Russo e Luca Baroni, la mostra illustra il percorso di un protagonista della scena artistica italiana ed europea. Nonostante la scelta di restare nella sua città natale, lontana dai grandi centri culturali, egli riesce a imporsi come il più ammirato, richiesto e pagato autore di dipinti sacri della seconda metà del Cinquecento. Erede del Classicismo raffaellesco, ispiratore del Naturalismo dei Carracci e attento interlocutore del colorismo di Tiziano e Correggio, l’artista urbinate anticipa il linguaggio barocco con i suoi notturni e il timbro sentimentale delle sue ultime composizioni.

Con prestiti eccezionali, provenienti dai principali musei nazionali e internazionali, che arricchiscono la collezione già significativa della Galleria Nazionale delle Marche, la mostra raccoglie più di 80 capolavori tra dipinti e disegni di Barocci, illustrando tutte le fasi della sua lunga carriera. Per la realizzazione di questa imponente campagna di prestiti è stato cruciale il sostegno delle Gallerie degli Uffizi, primo e imprescindibile riferimento per la storia collezionistica di Urbino, dei Musei Vaticani e della Galleria Borghese, che per la prima volta prestano tutti i capolavori del pittore da loro conservati, e con loro le chiese e le collezioni diocesane di Roma, Perugia e Senigallia. Eccezionale è stata anche la risposta dei musei stranieri come il Louvre di Parigi, il Prado di Madrid, il Kunsthistorisches di Vienna, il Kupferstichkabinett di Berlino, il Rijksmuseum di Amsterdam, il Fitzwilliam Museum di Cambridge, la National Gallery e il British Museum di Londra, le Collezioni Reali inglesi, l’Ashmolean di Oxford e il Metropolitan di New York. Le opere che tornano a Urbino da ogni dove, moltissime per la prima volta dalla loro esecuzione, confermano quanto sia determinante la sinergia fra enti di conservazione per la conoscenza della nostra grande eredità culturale

«Natività» (1597) di Federico Barocci. Madrid, Museo del Prado

Il percorso espositivo della mostra si articola secondo un ordinamento tematico, volto ad approfondire le peculiarità della produzione del grande maestro marchigiano. Si parte dalla disamina del contesto culturale in cui l’artista si forma e lavora, con la presentazione dei capolavori della ritrattistica baroccesca insieme alla magnifica «Madonna della gatta» (Uffizi), in cui il profilo del Palazzo Ducale cristallizza il legame del pittore con la sua città natale. Si affronta poi il tema delle pale d’altare che rivoluzionano la tradizione cinquecentesca con capolavori come la «Deposizione», eseguita per la cattedrale di Perugia, e le committenze romane dalla Chiesa Nuova e da Santa Maria sopra Minerva. La terza sezione è dedicata ai dipinti di devozione privata, in cui risultano più evidenti i ragionamenti di Barocci sulle intime relazioni fra i personaggi e il loro rapporto con una natura intrisa di sentimento. Accostate in sala, sono presentate la «Madonna delle ciliegie» (Pinacoteca Vaticana), dove il dolcissimo paesaggio primaverile accoglie la rappresentazione dell’amore familiare, e la «Sacra Famiglia del gatto» (National Gallery di Londra), in cui i protagonisti sono rappresentati in una sala che richiama gli ambienti del palazzo urbinate. La quarta sezione è dedicata alla grafica, con una scelta significativa di capolavori su carta provenienti dalle maggiori raccolte mondiali. Nella quinta è possibile vedere le composizioni dalla loro fase preparatoria all’opera finita: sono presenti l’«Annunciazione» vaticana, vicina ai fogli elaborati per la sua realizzazione e diffusione a stampa, la straordinaria «Fuga di Enea da Troia» (Galleria Borghese), affiancata al cartone preparatorio conservato al Louvre, l’unica opera a tema mitologico di Barocci il cui pathos ispira Bernini, e la struggente «Deposizione» con accanto i bozzetti per i colori  e le luci. Nella sesta sezione sono presentate le ultime opere del pittore nelle quali il colore diventa pura emozione cromatica, come l’estatica «Beata Michelina» (Pinacoteca Vaticana) e l’incompiuta «Assunzione della Vergine» (Galleria Nazionale delle Marche). 

La mostra continua al secondo piano di Palazzo Ducale con il nucleo più consistente della collezione baroccesca del museo, dove s’impone il «San Francesco riceve le stigmate», uno dei più bei notturni della pittura moderna. Parte integrante del percorso espositivo è la città di Urbino e sono state pertanto indagate le opere conservate nel Duomo, nella Chiesa di San Francesco e nell’Oratorio della Morte. Frutto di più di tre anni di lavoro, la mostra giunge al termine di un’approfondita azione di studio condotta da una squadra composta da eminenti esponenti del mondo accademico e della conservazione, confluita nel documentato catalogo edito da Electa. Ed è importante che il museo si affermi come luogo della ricerca: spazio vivo e vitale per creare infinite occasioni di conoscenza e valorizzazione. L’esposizione ha motivato inoltre un’ampia campagna di restauri e indagini diagnostiche, sostenuta dal museo, permettendo di approfondire la storia delle tecniche di Barocci e apprezzare il caleidoscopio del suo cromatismo. 

Infine, è significativo che nell’anno in cui Pesaro è Capitale italiana della Cultura, Urbino sia protagonista di questo evento, proponendo una mostra dedicata a uno dei suoi figli più illustri e che ha ottenuto la concessione dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. Nel segno di Federico Barocci, Palazzo Ducale ha elaborato un ampio progetto culturale al fine di raccontare la sua storia, unica per la varietà e l’importanza di un patrimonio artistico che, sotto l’egida del Ministero della Cultura, siamo chiamati a trasmettere alle generazioni future.

Luigi Gallo, 18 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

Barocci, il più ammirato, richiesto e pagato | Luigi Gallo

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