Elena Damiani, «Black Crested Saguaro», 2024

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Elena Damiani, «Black Crested Saguaro», 2024

Elena Damiani e il tempo impresso nella materia

A Milano Francesca Minini ospita la terza tappa del progetto dell’artista peruviana le cui sculture riflettono sull’impatto meteorologico e sugli agenti atmosferici in quanto forze trasformative

A partire dal 22 gennaio la galleria Francesca Minini ospita «Weather Bodies», personale dell’artista peruviana Elena Damiani (Lima, 1979), il cui variegato lavoro riflette sui concetti di tempo meteorologico e agenti atmosferici, esaminando il loro ruolo come forze trasformative. Allargando il punto di vista al mondo non umano, l’autrice ragiona sull’interconnettività tra il regno organico e quello inorganico, con un’estetica che mette in dialogo ambiti diversi, quello vegetale con quello animale, quello atmosferico con quello minerale, rivelando così la necessità per gli abitanti del mondo globalizzato di rinegoziare i termini della loro presenza con l’insieme del vivente. Le opere presentate in questa occasione, visibili sino all’8 marzo, si focalizzano sui processi geologici, su quelli metamorfici e sulle conseguenze dello scorrere del tempo

Cresciuta nella desertica capitale del Perù, che si erge sull’arida costa del Pacifico, Damiani ha sviluppato sin da piccola attrazione per la geofisica e interesse per il suolo terrestre, la sua struttura e configurazione, tanto che, ricorda lei stessa, da bambina trascorreva il tempo libero raccogliendo sassi con il padre, aggirandosi insieme a lui tra rovine e siti archeologici. Apparentemente rigorosa e scientifica, la sua ricerca si traduce, in termini formali, in narrazioni di grande vivacità visiva, come la serie di sculture realizzate in marmo, travertino, rame e bronzo che ricordano alcune la flora sottomarina, altre le strutture cellulari, altre ancora semi ingranditi o cactus.

Il tempo è elemento cruciale di tutta la narrazione. Esso rivela gli strati di sedimentazione della roccia e al contempo il continuo cambiamento a cui è sottoposta la materia: mutevole e salda, caduca e duratura, resiliente e resistente ma anche vulnerabile ed esposta alle intemperie. Come in un cortocircuito, la scultura diventa allora una traccia che ha il potere di creare un’increspatura nel tempo, riunendo l’«allora» con l’«ora».

L’esposizione si arricchisce anche di un’installazione, «Poem» (2024), composta da un insieme di campioni di carotaggio in pietra disposti su profili orizzontali in acciaio, a loro volta montati su una parete. L’opera considera il nostro pianeta un corpo che comprende sia materia inorganica che organica, come rocce, terra e resti sotterrati, riflettendo proprio su questo dualismo come dato imprescindibile per la poetica della geologia e della vita.

«Weather Bodies» è la terza parte di un progetto più articolato iniziato nel 2020. La prima, intitolata «Ensayos de lo sólido», è stata presentata al Mac-Museo de Arte Contemporáneo di Lima nel giugno 2022, mentre la seconda, intitolata «Mineral Way», è andata in scena alla Galerie Nordenhake Stockholm a novembre 2022.

Elena Damiani, «Ensayo de lo sólido». Foto Juan Pablo Murrugarra, Lima, Mac

Francesca Interlenghi, 20 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

Elena Damiani e il tempo impresso nella materia | Francesca Interlenghi

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