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Georg Baselitz, «Traumflug sex», 2025

© Georg Baelitz. Photos: Jochen Littkemann. Courtesy Thaddaeus Ropac gallery

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Georg Baselitz, «Traumflug sex», 2025

© Georg Baelitz. Photos: Jochen Littkemann. Courtesy Thaddaeus Ropac gallery

Georg Baselitz, ovvero l’arte di dipingere a rotelle

Questo oggetto utilizzato come ausilio per la mobilità è diventato per l’artista tedesco un accessorio creativo. L’attuale mostra da Thaddaeus Ropac ne svela per la prima volta i risultati

Nel suo studio sul lago Ammersee, in Alta Baviera, l'ottantasettenne Georg Baselitz stende le tele sul pavimento, un modo di lavorare che utilizza da anni. Su di esse dipinge figure a corpo intero, spesso due affiancate, ma a volte un unico corpo, solo e perso nello spazio.

La nuova fase del suo percorso artistico, presentata ora per la prima volta, vede Baselitz segnare la superficie della tela attraverso i vorticosi binari paralleli della sua sedia a rotelle. Con il suo ausilio per la deambulazione, crea numerose macchie circolari di pittura fino ai bordi. Queste linee rotanti intorno e attraverso le figure umane (nella maggior parte dei casi raffiguranti sua moglie Elke e talvolta loro due insieme) danno l’impressione anatomica di muscoli e vene all’interno dei loro toraci.

I 22 dipinti di grande formato realizzati con tale approccio (tutti superano i tre metri di larghezza), i 14 disegni a inchiostro su carta e la prima opera scultorea dell’artista dopo oltre dieci anni costituiscono la mostra parigina da Thaddaeus Ropac (fino al 26 luglio). Il curioso titolo della mostra, «Ein Bein von Manet aus Paris» (ovvero «Una gamba di Manet da Parigi»), suggerisce l’interesse di Baselitz per l’anatomia e gli arti, in particolare mani e piedi, nonché per la tradizione della pittura parigina del XIX secolo. «Sono stato un po’ satirico con il titolo, spiega Baselitz a «The Art Newspaper», perché il realismo di Manet ha l’abitudine di arrivare solo fino all’orlo delle gonne. Non appena i piedi iniziano a comparire, sono quasi sempre nel posto sbagliato».

Georg Baselitz, «Indigene Kunst von damals», 2025. © the artist. Photo: Jochen Littkemann; courtesy of Thaddaeus Ropac

Evocazione duratura

Baselitz conobbe Elke Kretzschmar, sua futura moglie, nel 1958, mentre erano entrambi studenti alla Hochschule der Künste di Berlino Ovest. Elke è diventata il soggetto più duraturo dell’artista. A Baselitz piacciono i «piedi nel posto sbagliato» e, nei suoi famosi ritratti capovolti Baselitz non cerca di «illustrare Elke» ma di «rimuoverla», dice. Nonostante i suoi sforzi, però, «lei entra nel processo», che lui lo voglia o no.

In queste nuove opere, l’artista è ancora una volta alle prese con quelle che definisce «le convenzioni del genere e il soggetto stesso per creare qualcosa di nuovo». Se la tecnica di utilizzare una sedia a rotelle può rappresentare una svolta creativa, c’è qualcosa che si rifà ai suoi primi ritratti doppi con Elke, come «Schlafzimmer» (1975), in cui la coppia nuda siede fianco a fianco circondata da segni pittorici selvaggiamente gestuali.

I corpi scheletrici e la tavolozza delle nuove opere sono molto più ridotti rispetto a quei doppi ritratti gioiosamente colorati, poiché giacciono piatti con le braccia appoggiate ai fianchi come mummie o santi sepolti. Quando gli viene chiesto se vede queste nuove opere come una continuazione della sua pratica pluridecennale o come qualcosa di radicalmente diverso, Baselitz sottolinea che «c’è un’origine della pittura, naturalmente, che si trovi nelle grotte o nelle catacombe», ma in quel caso, come nel suo lavoro, «è solo il modo in cui le cose si svolgono». È chiaro che Baselitz ritiene di avere ancora qualcosa da dire, non solo sulla storia della pittura dalle pareti delle caverne ai Salon, ma anche sul suo stesso lavoro, che è sempre stato interessato alla fallibilità del corpo in un mondo incerto.

Un corpo-macchina

Dopo aver visitato l’atelier di Baselitz in Germania, Bernard Blistène, curatore francese amico dell’artista e autore del saggio che accompagna il catalogo della mostra, ha ricordato i pittori precedenti che, convivendo con simili disabilità fisiche e «di fronte alla costrizione, avevano inventato nuovi strumenti, fino a diventare un corpo attrezzato, quindi talvolta un corpo-macchina». Si pensi soprattutto al bastone allungato di Henri Matisse, con il quale il maestro francese tracciava segni sul muro del suo studio durante la convalescenza a letto. Anche Hans Hartung, altro punto di riferimento per Baselitz, dopo aver perso una gamba durante il servizio nella Legione straniera francese durante la Seconda guerra mondiale, si spostava in sedia a rotelle nel suo studio di Antibes spinto da un assistente mentre lavorava davanti alla tela. 

Nella sua nuova mostra, Baselitz si unisce a questo appello di innovatori in tarda età che rifiutano di permettere alle loro indisposizioni di mettere fine alla propria pratica creativa. «Ho sempre pensato che la mia pittura sia qualcosa che si svolge all’interno della testa, riflette Baselitz. Se hai bisogno di continuare a dipingere, o se vuoi continuare a dipingere, allora devi aspettarti che ci siano degli handicap con l’avanzare dell’età, è semplice, e devi essere molto inventivo su come essere in grado di farlo comunque».

L’irrequietezza dell’artista è fonte di ispirazione, ma per Baselitz è solo una continuazione del suo ampio lavoro sulle contorsioni del corpo che lo ha preceduto. «Si potrebbe anche dire, conclude, che dove c’è una volontà, c’è un modo».

Matthew Holman, 09 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

Georg Baselitz, ovvero l’arte di dipingere a rotelle | Matthew Holman

Georg Baselitz, ovvero l’arte di dipingere a rotelle | Matthew Holman