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Al New Museum artisti come sabotatori
- Federico Florian
- 09 febbraio 2018
- 00’minuti di lettura


Nathaniel Mellors, «The Vomiter (Outhouse)», 2010. Courtesy the artist and the Box, Los Angeles
Guastatori alla Triennale di New York
Al New Museum artisti come sabotatori
- Federico Florian
- 09 febbraio 2018
- 00’minuti di lettura
Federico Florian
Leggi i suoi articoliAperta dal 13 febbraio al 27 maggio, la Triennale 2018 del New Museum occupa quattro piani del museo newyorkese con opere (diverse delle quali nuove produzioni o esposte per la prima volta negli Stati Uniti) prodotte da una trentina di artisti da diciannove Paesi. Tra gli altri, Cian Dayrit, Tomm El-Saieh, Claudia Martínez Garay, Lydia Ourahmane, Dalton Paula, Shen Xin: tutti «millennials», provenienti soprattutto da Americhe, Africa e Asia. È una mostra dagli intenti profondamente democratici e dai risvolti politici, capace di offrire modelli per rinnovare strutture di potere plasmate da decenni di colonialismo e pratiche razziali istituzionalizzate.
La Triennale si presenta con un progetto che suona come una metaforica chiamata alle armi. Lo si avverte sin dal titolo, «Songs for Sabotage» («Canzoni per il sabotaggio»), un appello antiestablishment che rivela un’attitudine postpunk. «Sia attraverso le tecnologie aziendali sia attraverso il lavoro creativo, le immagini giocano un ruolo decisivo nel consolidare le forme di potere nella società e nella cultura», dichiara Alex Gartenfeld, cocuratore della rassegna insieme a Gary Carrion-Murayari. E continua: «La mostra mette in luce artisti i cui interventi sono in grado di ristabilire un territorio comune e di sostenere, con forza e intensità, cambiamenti sistemici nella cultura globale».
In contemporanea, le South Galleries del museo, recentemente inaugurate, ospitano dal 6 febbraio al 15 aprile una personale dell’artista rumena di base a New York Alexandra Pirici. A cura di Helga Christoffersen, il progetto espositivo assume la conformazione di un’azione continua condotta da una serie di performer (uno dei quali è un ologramma digitale). Fulcro dell’esposizione è la nozione di «presenza», nelle sue varie declinazioni: fisica, corporea, così come virtuale, avatar o nuvola digitale di dati quantificabili e monetizzabili.

Nathaniel Mellors, «The Vomiter (Outhouse)», 2010. Courtesy the artist and the Box, Los Angeles