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Ugo De Amicis, Guido Rey, Edmondo De Amicis e Edoardo Rubino al Giomein davanti al Grand Hôtel du Mont Cervin, 1905. Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna-Cai Torino

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Ugo De Amicis, Guido Rey, Edmondo De Amicis e Edoardo Rubino al Giomein davanti al Grand Hôtel du Mont Cervin, 1905. Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna-Cai Torino

Guido Rey, un amateur tra alpinismo, fotografia e letteratura

Il Museomontagna dedica una retrospettiva all’artista alpinista

Il 18 aprile, e fino al 19 ottobre, al Museomontagna di Torino apre al pubblico «Guido Rey. Un amateur tra alpinismo, fotografia e letteratura», monografica dedicata a esplorare la vita e le passioni del celebre alpinista e il suo impatto sulla percezione pubblica della montagna, in Piemonte come nel mondo.

Una delle figure più importanti e conosciute nella storia dell’alpinismo italiano, Rey scoprì la montagna grazie allo zio Quintino Sella, fondatore del Cai (Club Alpino Italiano). Quest’ultimo esigeva resoconti scritti delle escursioni a cui era solito portare nipoti e figli, incoraggiando così Rey ad apprezzare la capacità della scrittura di esprimere le proprie impressioni. Adulto, Rey continuò a praticare e a raccontare l’alpinismo in quanto «amateur», dilettante, un aggettivo che all’epoca si riferiva alle classi privilegiate e facoltose che potevano dedicarsi a un’attività per puro svago.

Frutto di un lavoro di riordino del Complesso di fondi Guido Rey, l’esposizione, curata da Mattia Gargano e Veronica Lisino, offre una visione a 360 gradi di Rey (Torino, 1861-1935), raccontando come abbia usato la scrittura, la fotografia e anche il disegno per esprimere il proprio amore per le vette.

«La mostra ha l’obiettivo di riconsiderare la figura di Guido Rey, confinata in passato entro schemi fin troppo rigidi e che invece merita di essere rivalutata nella molteplicità delle sue manifestazioni», spiegano i curatori. Nelle sale del museo si trovano così non solo immagini e materiale fotografico ma anche libri, articoli, schizzi e disegni, senza ovviamente dimenticare l’attrezzatura alpinistica. L’allestimento della mostra rispecchia questa sua poliedricità: una sala centrale, dedicata alla biografia di Rey, si apre su quattro sezioni che esplorano altrettante forme espressive scelte da Rey: la letteratura alpinistica, la fotografia di montagna, la fotografia tra montagna e pittorialismo e infine la fotografia pittorialista. Piuttosto che creare un itinerario obbligato, queste aree esplicitano le connessioni tra i diversi interessi di Rey.

Guido Rey, «Le Torri del Vajolet», luglio 1910. Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna-Cai Torino

Guido Rey, «La Spalla di Furggen», agosto 1899. Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna-Cai Torino

In esposizione viene presentato, per esempio, un articolo sulla conquista del Cervino, pubblicato su «La Lettura» nel 1901, in cui, per la prima volta, Rey condivise le proprie fotografie con il pubblico, rendendosi conto della complementarità del linguaggio scritto e fotografico. Questa realizzazione lo accompagna anche nelle pubblicazioni successive, fino al libro «Alpinismo acrobatico» (1914), in cui esplicita l’impossibilità di descrivere un’ascensione limitandosi alla parola scritta ed esalta il ruolo della fotografia, un occhio in grado di percepire le cose con «nettezza meravigliosa».

Obbligatorio è anche menzionare i legami con la pittura: colto e curioso, Rey non nascose le numerose fonti di ispirazione che servono da base per le sue sperimentazioni artistiche e che la mostra sottolinea e valorizza, affiancando al lavoro del piemontese le opere che più lo hanno influenzato. «Le Torri del Vajolet» (1910) sono ad esempio considerate a confronto con «L’isola dei morti» di Arnold Böcklin (1883). O ancora, in uno dei rari scatti in ambiente non alpino, «L’interno fiammingo» (1904), un tableau vivant che Rey compose con l’aiuto di famiglia e amici, è da affiancare al dipinto di Gabriel Metsu «Uomo che scrive una lettera» (1664-66).

Camminando tra le sale, non risulta difficile trovarsi d’accordo con le parole di Ugo de Amicis (figlio dell’autore di Cuore e compagno di cordata di Rey) che, nel descrivere l’amico, affermò: «è un pregiudizio pensare che l’acuta sensibilità artistica sia incompatibile con quella dell’uomo d’azione, poiché quel dualismo interiore ed esteriore, cioè del sentire e dell’agire, significa integrazione e ricchezza, invece che contraddizione e debolezza». 

Guido Rey, «Interno fiammingo», settembre 1904. Archivio di Pia Rey

Anna Aglietta, 18 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

Guido Rey, un amateur tra alpinismo, fotografia e letteratura | Anna Aglietta

Guido Rey, un amateur tra alpinismo, fotografia e letteratura | Anna Aglietta