La Pinacoteca Nazionale riallestisce completamente le sale dedicate al Rinascimento bolognese, attraverso la mostra «Giulio II e Raffaello. Una nuova stagione del Rinascimento a Bologna», allestita dall’8 ottobre al 5 febbraio, dando così il via a una riflessione approfondita dell’arte compresa tra il termine della cosiddetta Signoria dei Bentivoglio e la successiva rivoluzione stilistica del classicismo romano del periodo 1506-30, dopo il passaggio del territorio alla Chiesa di papa Giulio II e fino all’incoronazione da parte del suo successore Clemente VII, proprio nella città felsinea, di Carlo V imperatore del Sacro Romano Impero.
I curatori del progetto, Daniele Benati, Elena Rossoni e Maria Luisa Pacelli, quest’ultima direttrice del museo nazionale autonomo, ripensano dunque il percorso permanente attraverso una sessantina di opere convocando alcuni capolavori in prestito per meglio completare la «fotografia» dell’arte a Bologna.
«La star dell’appuntamento, dice Pacelli, è senz’altro il “Ritratto di Giulio II” (1511-12) di Raffaello dalla National Gallery, esposto in una sala insieme alla nostra “Santa Cecilia” dell’Urbinate e a una lettera di Michelangelo che realizzò per San Petronio la statua di Giulio II del 1506-08, distrutta pochi anni dopo. Ma il progetto è molto più complesso: ritengo infatti che occorra meglio comprendere anni cruciali per l’arte bolognese, ripensando la successione delle opere in Pinacoteca. Insieme a ciò abbiamo creato, con la collaborazione di molti enti, un percorso in città per chi voglia approfondire le opere rinascimentali in chiese, palazzi e musei».
Il percorso si apre con gli anni ’70 del XV secolo, epoca della decorazione della distrutta cappella Garganelli di San Pietro (del ciclo eseguito da Francesco del Cossa ed Ercole de’ Roberti resta in Pinacoteca l’unico frammento, la «Maddalena piangente») senza dimenticare l’operato di Lorenzo Costa e personalità antitetiche come Francesco Francia (1447-49 ca-1517) e Amico Aspertini (1475-1552): di quest’ultimo ad esempio è esposto il «Cristo benedicente tra la Madonna e san Giuseppe» (1530 ca) della Fondazione Longhi di Firenze.
Ma all’epoca c’erano anche Perugino (1446-1523), presente qui con la «Madonna Scarani» e Filippino Lippi (da San Domenico di Bologna giunge lo «Sposalizio mistico di santa Caterina e santi»), entrambi lavori di inizio ’500.
Con la conquista della Chiesa lo scenario artistico cambia in maniera repentina e sostanziale e si passa, da Roma, alle committenze di Bramante e Michelangelo fino appunto all’artista per eccellenza dell’epoca, Raffaello cui segue il Parmigianino, che rimase in città almeno tre anni ed è evidenziato qui dalla «Madonna di santa Margherita» della Pinacoteca, da una serie di stampe legate alla sua intensa attività incisoria e dal prestito dagli Uffizi della «Madonna di san Zaccaria».
Chiude il percorso, curato dallo studio Pierluigi Molteni Architetti, un disegno di Biagio Pupini (fine XV secolo-1575 ca) dal Louvre che commemora l’incoronazione di Carlo V in San Petronio.