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Luana De Micco
Leggi i suoi articoli«Perché dipingo animali? Perché li amo», spiegò un giorno semplicemente Gilles Aillaud. L’artista parigino, morto nel 2005 a 76 anni, benché si sia occupato anche di altre tematiche, fece infatti degli animali, in particolare chiusi nelle gabbie degli zoo, la tematica centrale e costante della sua opera. È al suo «bestiario» che è dedicata questo autunno una monografica del Musée National d’Art Moderne del Centre Pompidou, che da qualche tempo si propone di far scoprire o riscoprire alcuni autori poco mostrati o noti in Francia, come ha fatto di recente presentando i lavori della statunitense Georgia O’Keeffe e della scultrice francese Germaine Richier.
«Gilles Aillaud. Animale politico», dal 4 ottobre al 26 febbraio 2024, è curata da Didier Ottinger, vicedirettore del museo parigino. Gli studi di filosofia hanno impregnato tutto il lavoro artistico di Aillaud: «È un pittore che ha un tempo voluto essere filosofo. Dai suoi studi di filosofia, ha conservato il gusto della scrittura e del pensiero complesso, ha spiegato Ottinger. Ci fa credere di dipingere animali, ma l’unico e vero soggetto delle sue opere è il nostro rapporto con la natura. I suoi animali rinchiusi negli zoo ci parlano di un mondo in cui la vita è diventata oggetto di dominio, controllo e sfruttamento».
La prima mostra di Aillaud, alla galleria Niepce, risale al 1952. All’epoca il pittore dipingeva soprattutto uccelli e paesaggi marini, realizzando dei collage in cui utilizzava materiali diversi, dal cotone alla sabbia. Vicino a Eduardo Arroyo, che ha incontrato nel 1961, è associato ai movimenti della Nuova Figurazione e della Figurazione Narrativa. Nel 1959 ha partecipato al Salon de la Jeune Peinture, di cui poi, nel 1965, è diventato presidente.
A partire dagli anni ’70, ha cominciato a dipingere soprattutto animali, in gabbia, pantere, leoni, pappagalli, rinoceronti, o, negli anni ’80 e ’90 soprattutto, animali liberi, giraffe, elefanti, circondati da smisurati paesaggi naturali della savana, ispirandosi ai suoi viaggi in Africa. Sono tele di grandi dimensioni, dai colori freddi e la tecnica «umile», senza sentimentalismi. In questi stessi anni Aillaud si è anche avvicinato al teatro, lavorando come scenografo anche al Piccolo Teatro di Milano. È anche stato autore di testi teatrali, critiche d’arte e poesie.
«L’opera di Gilles Aillaud è doppiamente attuale, ha spiegato Didier Ottinger. Il suo realismo fa eco alle preoccupazioni di una nuova generazione di pittori che si sono nutriti (o abbuffati?) di immagini meccaniche. La sua iconografia risuona con le preoccupazioni di un’epoca che si interroga sulla tipologia dei suoi legami con una nozione più amplia della vita».
Il Centre Pompidou espone alcune tele di Aillaud della sua collezione, acquisite nel 2001. Altre arrivano da musei francesi e stranieri, come il Musée d’Art Contemporain di Marsiglia e il Mnaha, il Museo Nazionale d’Archeologia, Storia e Arte del Lussemburgo. Diverse sono prestate da collezioni private.

«Intérieur vert» (1964), di Gilles Aillaud. © Adagp, Paris, 2023: Foto: © Patrick Muller | Archives Galerie de France