Agli appassionati del genere si raccomanda una puntata al Castello di Novara per visitare «Paesaggi. Realtà Impressione Simbolo. Da Migliara a Pellizza da Volpedo», dedicata alla pittura di paesaggio dagli anni ’20 dell’Ottocento ai primi del Novecento. La mostra, curata da Elisabetta Chiodini e organizzata da Mets Percorsi d’Arte, presenta 80 dipinti in nove sezioni: dalla campagna all’alta montagna, dai laghi al mare, ai paesaggi urbani del cuore di Milano, il percorso espositivo illustra per tappe e contrasti l’articolata evoluzione di un genere le cui trasformazioni riflettono i cambiamenti della società dell’epoca.
Al paesaggismo romantico, ancora ispirato al vedutismo prospettico, subentra negli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento una pittura di paese che ha in Migliara, Canella, d’Azeglio e Bisi degli ottimi interpreti. A metà secolo il Naturalismo romantico d’oltralpe di Julius Lange e, soprattutto, di Alexandre Calame influenza una nuova generazione che inizia a studiare la natura dal vero. La Ginevra di Calame è frequentata da Carlo Pittara e Antonio Fontanesi (che risiedette per 15 anni nella città elvetica); lo studio sul motivo stimola intanto la creazione di sodalizi quali la Scuola di Rivara in Canavese e la Scuola dei Grigi a Carcare (Sv). Con l’École de Barbizon la pittura en plein air diventa quindi prassi, ma mentre la pittura d’impressione inizia a farsi spazio, non mancano gli aedi del Naturalismo, tra i quali si distinguono negli anni Ottanta Eugenio Gignous, Pompeo Mariani, Lorenzo Delleani e Filippo Carcano, di cui è esposta l’imponente «Pianura Lombarda» (1887), vertice della corrente lombarda. Sulla scia del Naturalismo guadagnano l’attenzione dei pittori e il favore del pubblico gli scorci urbani (notevoli le vedute di Giovanni Segantini «Il Naviglio al Ponte San Marco» e «Nevicata», e «Milano di notte» di Mosè Bianchi) e quelli «turistici» che raffigurano i luoghi di villeggiatura preferiti dall’alta borghesia.
«Il paesaggio divisionista: dal vero al simbolo», ultima tappa del percorso espositivo, è dedicata a quei maestri che nella pittura di paesaggio trovarono un campo privilegiato di sperimentazione e il luogo ideale per qualche incursione nel clima simbolista: Segantini, Morbelli, Longoni, Pellizza, Fornara, solo per citarne alcuni. Aperta fino al 6 aprile 2025, l’esposizione si chiude con «La Clementina» (1906-07) di Pellizza da Volpedo, dipinto ritrovato mai più visto dalla Biennale di Venezia del 1909. La mostra al Castello di Novara si inserisce nell’itinerario pellizziano che ha avuto inizio con «Il fascino della natura. Paesaggi ritrovati di Pellizza da Volpedo», allestita in estate nello studio volpedese del pittore, e che culminerà a Milano nell’autunno 2025 in una monografica dedicata all’autore del «Quarto Stato».