Nadia Khodasevich-Léger con alcuni suoi autoritratti in una fotografia di Ida Kar del 1961

Foto: Ida Kar. © National Portrait Gallery, Londra

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Nadia Khodasevich-Léger con alcuni suoi autoritratti in una fotografia di Ida Kar del 1961

Foto: Ida Kar. © National Portrait Gallery, Londra

Il pantheon variabilissimo di Madame Léger

Al Musée Maillol sono esposte oltre 150 opere della pittrice bielorussa che, vissuta all’ombra del celebre marito Fernand, «aveva toccato tanti generi e fatto parte di tante correnti»

Se Nadia Léger è stata a lungo ignorata dalla storia dell’arte è essenzialmente per due motivi, spiega il Musée Maillol che dall’8 novembre al 23 marzo 2025 presenta la retrospettiva «Nadia Léger. Donna d’avanguardia». Il primo è che la pittrice di origini bielorusse visse all’ombra del famoso marito, Fernand Léger, figura di spicco della scena artistica parigina degli anni Venti e Trenta. Tanto da essere considerata spesso solo come «Madame Léger», in un ambiente, quello dell’arte, all’epoca di difficile accesso alle donne. Lei stessa ne era consapevole: «Léger è un gigante, come Picasso, Braque, Matisse. Accanto a lui ho vissuto... schiacciata». Il secondo motivo, spiega ancora il museo parigino, va cercato nell’opera stessa di Nadia Léger: «È difficile distinguere un’unità di stile o d’ispirazione. L’artista, amica di Chagall, vicina a Braque, Picasso e Mondrian, ha toccato tanti generi e ha fatto parte di tante correnti: Suprematismo, Costruttivismo, Cubismo, Nuovo Realismo, poi di nuovo Suprematismo... Il suo stile cambia da una fase all’altra della sua vita creativa». 

Il Musée Maillol allestisce più di 150 opere attraverso le quali ripercorre le tappe principali della vita di Nadia Khodasevich-Léger (1904-82), dal villaggio natale vicino a Vitebsk (oggi in Bielorussia), a Parigi, passando per Smolensk prima e Varsavia poi, dove, malgrado le origini modeste, iniziò con determinazione gli studi di belle arti. Nadia Léger, ragazza ribelle e donna coraggiosa, non fu solo pittrice, ma anche attiva nella Resistenza francese e militante comunista. Arrivò a Parigi nel 1925 (insieme al primo marito, il pittore polacco Stanislas Grabowski, da cui si separò due anni dopo) e nel 1928 divenne allieva di Fernand Léger, autore di un’opera pittorica in cui coesistevano Cubismo e figurazione. Nel 1940 Fernand Léger, membro del Partito comunista francese, fu costretto a emigrare negli Stati Uniti e rientrò nel 1945, dopo la Liberazione. Per tutto il periodo, Nadia invece restò a Parigi ed entrò nella Resistenza con il nome di Georgette Painaud. I due si sposarono nel 1952. La mostra, curata dall’agenzia Tempora, si apre su una serie di ritratti, studi preparatori realizzati tra il 1944 e il 1971, alcuni dei quali sono diventati grandi pitture murali: è il «pantheon» di Nadia Léger, da Lenin a Yuri Gagarin, da Tolstoi a Chagall. Il percorso si sofferma sulle prime opere astratte influenzate dai maestri Władysław Strzemiński e Kazimir Malevič. Una  sezione è dedicata all’Atelier Léger, «laboratorio della modernità», che tra il 1924 e il 1955 accolse più di 350 artisti, esponendo alcuni lavori di allievi celebri, come Hans Hartung e Nicolas de Staël. Alla sua morte, nel 1955, dopo solo tre anni di matrimonio, Fernand Léger lasciò alla moglie un’immensa eredità artistica. Da allora Nadia si dedicò alla promozione dell’opera del marito, anche in Unione Sovietica, e nel 1960 inaugurò il Musée Fernand Léger di Biot, cittadina nel Sud della Francia dove la coppia si era nel frattempo trasferita.

«Autoritratto. Il giuramento di una resistente» (1941) di Nadia Léger. Foto: Imav éditions. © Sabam

Luana De Micco, 06 novembre 2024 | © Riproduzione riservata

Il pantheon variabilissimo di Madame Léger | Luana De Micco

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