Realizzata dall’8 febbraio al 22 giugno in collaborazione con la Fondazione Le Corbusier di Parigi e curata da Martin Waldmeier con Amélie Florence Joller, la grande mostra «Le Corbusier. L’ordine delle cose» costituisce l’evento inaugurale dei festeggiamenti che nel 2025 celebrano i primi vent’anni del Zentrum Paul Klee di Berna. Obiettivo della mostra è evidenziare, attraverso non solo i capolavori più conosciuti ma anche opere meno note o sconosciute, il lungo e paziente processo di elaborazione e il pensiero «tridimensionale» di Le Corbusier, pseudonimo di Charles-Édouard Jeanneret-Gris, artista, architetto, teorico e urbanista svizzero-francese, offrendo una panoramica completa della sua variegata produzione vista da una prospettiva artistica. «Essere moderni non è una moda, è uno stato», sosteneva «Corbu», i cui capolavori architettonici compaiono dal 2016 nella lista del patrimonio culturale mondiale Unesco.
«Le Corbusier ha plasmato l’architettura moderna con enorme energia, visioni radicali e retorica provocatoria, afferma Waldmeier. Il suo approccio ha fuso arte, design e architettura con l’obiettivo di creare un nuovo habitat per l’uomo e migliorarne la qualità di vita, sfruttando le possibilità offerte dal progresso tecnico insieme a principi classici come la sezione aurea. Ponendo in diretta relazione forma e funzione, piroscafi oceanici, aeroplani e automobili sono stati per lui dei modelli. Le Corbusier ha anche utilizzato in modo innovativo il cemento armato, sviluppandone le potenzialità artistiche e scultoree».
La mostra si struttura secondo tre sezioni cronologico-tematiche: «Arte», «Architettura» e «Ricerca». La prima mostra lo sviluppo creativo di Le Corbusier dalla formazione alle ultime opere, evidenziando come disegno, pittura e scultura abbiano svolto un ruolo centrale anche nel suo lavoro di architetto. Vengono qui presentati studi su natura e paesaggio raramente esposti, oltre agli iconici dipinti degli anni Venti ispirati da quel movimento «purista» che Le Corbusier fondò a Parigi insieme ad Amédée Ozenfant. In mostra anche i collage dell’ultimo periodo. «Architettura» si concentra invece sulla pratica progettuale di Le Corbusier, esponendo progetti realizzati e non attraverso schizzi, disegni e modelli, tra cui gli elaborati originali di celebri progetti come l’Unité d’Habitation di Marsiglia (1945-52), la città di Chandigarh in India (1950-65) e la Cappella di Notre-Dame-Du-Haut a Ronchamp (1950-55). Presenti anche gli innovativi schizzi, dall’appeal quasi cinematografico, per le ville moderniste degli anni Venti, basate sulla famosa «promenade architecturale». Le fotografie di Richard Pare e un video di grande formato realizzato dall’artista austriaca Kay Walkowiak consentono di confrontare schizzi e opere realizzate. Cuore della mostra, la terza sezione si impernia sull’Atelier de la recherche patiente, in cui il visitatore può apprendere come la vita quotidiana di Corbu a Parigi si dividesse tra lo studio di architettura in rue de Sèvres e l’atelier artistico in rue Nungesser-et-Coli. Una sala è anche dedicata ai leggendari disegni realizzati durante lezioni e conferenze, frutto dei suoi tanti viaggi internazionali.
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Le Corbusier, «Nature morte au siphon», 1928, Parigi, Fondation Le Corbusier. © 2025, Flc/ProLitteris, Zurich