La Fondazione Magnani Rocca, con la mostra «Il Surrealismo e l’Italia» allestita, dal 14 settembre al 15 dicembre a cura di Alice Ensabella, Alessandro Nigro e Stefano Roffi, partecipa alle celebrazioni internazionali in occasione dei cent’anni del movimento artistico. Il primo ottobre 1924 vedeva la luce a Parigi il «Manifeste du surréalisme» di André Breton (1896-1966), il testo che ne determina l’origine e contiene la celebre definizione del fondatore: «Surrealismo: automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero». La rassegna analizza aspetti generali e locali del movimento che inglobò tra gli altri André Masson, Max Ernst, Man Ray, Salvador Dalí e Yves Tanguy: «Il progetto si iscrive nella continuità della recente ricerca scientifica sul Surrealismo in Italia e ha lo scopo di restituire, senza pretesa di esaustività, la complessità della ricezione e dell’influenza nel nostro Paese di una delle avanguardie più determinanti del XX secolo, spiega Roffi. A differenza di altri Paesi europei ed extraeuropei, nel nostro è forse errato parlare di una vera e propria scuola surrealista, tuttavia è possibile constatare il delinearsi di due tendenze principali. Da una parte, la nascita di un gruppo che assume una postura più vicina allo spirito surrealista ispirandosi a pratiche artistiche innovanti e intrattenendo rapporti con il gruppo francese (lo si vede, ad esempio, in Sergio Dangelo ed Enrico Baj). Dall’altra parte, emerge qui un filone fantastico, caratterizzato dalla produzione di opere visionarie, fedeli al disegno di figura a cui appartengono, tra gli altri, Leonor Fini, Fabrizio Clerici e Stanislao Lepri».
La rassegna parmense si sviluppa lungo un percorso diviso in due ampi capitoli composti da 150 lavori. La prima parte ordina opere degli anni Trenta e Quaranta di René Magritte, Dalí, Man Ray, Ernst, Masson, Joan Miró, Tanguy, Marcel Duchamp, Roberto Matta, Wifredo Lam e Giorgio de Chirico, con cui vengono richiamati gli aspetti internazionali. Nella seconda parte, lavori di Sergio Dangelo, Enrico Baj, Alberto Savinio, Leonor Fini, Fabrizio Clerici, Stanislao Lepri ed Enrico Colombotto Rosso evidenziano l’impatto sulla cultura italiana.
Un focus è infine dedicato ai galleristi che per primi si interessarono al Surrealismo in Italia: Arturo Schwarz a Milano, Carlo Cardazzo a Venezia, Mario Tazzoli a Torino, Gasparo del Corso, Irene Brin, Alexander Jolas, Fabio Sergentini a Roma. «La mostra, aggiunge Roffi, nasce simbolicamente da uno dei più celebri dipinti collezionati da Luigi Magnani, ancora oggi esposto nella “Villa dei Capolavori”: “Gertrude, Amleto e il fantasma del padre di Amleto” dello svizzero Johann Heinrich Füssli (1741-1825), che esprime in pittura una dimensione onirica parallela a quella conscia al suo tempo concepita come l’unica reale, originando l’intuizione dell’inconscio oltre un secolo prima di Sigmund Freud. Magnani possedeva inoltre “Enigma della partenza” di Giorgio de Chirico, un dipinto straniante del 1914, fatto di vuoti e attese, e soprattutto il grande collezionista a Roma fu sodale e amico di Alberto Savinio e di un altro grande artista surrealista, Fabrizio Clerici». Ulteriore obiettivo della rassegna è raccontare, ancora una volta, un aspetto del collezionista e musicologo parmense Magnani.