Render del padiglione all’Accademia di Belle Arti

Cortesia Una/Unless

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Render del padiglione all’Accademia di Belle Arti

Cortesia Una/Unless

Josèfa Ntjam intreccia arte, scienza e mitologia

L’Accademia di Belle Arti di Venezia apre per la prima volta in maniera continuativa le proprie porte al pubblico ospitando l’evento collaterale commissionato da Las Art Foundation

In occasione della 60ma Biennale l’Accademia di Belle Arti apre per la prima volta in maniera continuativa le proprie porte al pubblico ospitando uno dei 30 eventi collaterali ufficiali: la mostra «Swell of spæc(i)es» (a cura di Carly Whitefield) commissionata dall’istituzione berlinese Las Art Foundation all’artista francese Josèfa Ntjam (Metz, 1992). Ad accoglierla è un ampio padiglione triangolare di 350 metri quadrati disegnato da Giulia Foscari (studio di architettura e agenzia interdisciplinare Una/Unless) e collocato nel cortile dell’Accademia che così diventa spazio di sperimentazione. La struttura, afferma Foscari, è «concepita come un prisma triangolare blu, che sembra atterrato dallo spazio, dai celesti regni virtuali proiettati da Ntjam». 

Tale struttura trae ispirazione dal contesto rinascimentale e si relaziona ad esso: impenetrabile se osservato dal cortile, si rivela completamente aperto sul porticato. «La sua vista, prosegue l’architetta veneziana, può sembrare in un primo momento estranea, ma la sua simmetria intrinseca e la sua superficie riflettente permettono un’illusione ottica che ricompone visivamente il quarto lato della loggia. Ricordando il “Triangolo Blu e Rettangolo Nero” di Kazimir Malevič del 1915, il padiglione si compenetra da un lato con l’antico Ospedale degli Incurabili, di cui diventa temporanea estensione». Entrato nel padiglione, il visitatore è accolto da un grande schermo a led, con una superficie convessa che rimanda alla cinquecentesca chiesa del Sansovino, già all’interno del chiostro, demolita nel 1831. 

Nello spazio immersivo, le sculture sonore dell’artista, realizzate con materiali innovativi come la resina biosorgente e il micelio di reishi, e il paesaggio sonoro di Fatima al Qadiri. Josèfa Ntjam, come specifica il curatore, «elabora un mito della creazione (quello della cosmogonia Dogon, Ndr) plasmato da modi antichi ed emergenti di concepire l’universo. All’interno di questo universo immaginario, il plancton è un punto di convergenza tra l’oceano profondo e lo Spazio, i regni biologici e mitici, i possibili passati e i futuri alternativi». Per l’elaborazione del suo progetto espositivo Ntjam si è relazionata con gli scienziati dell’Università di Cardiff e dell’Istituto di Scienze Marine (Ismar) di Venezia. Josèfa è solita combinare ricerca, pratica scultorea, suoni e immagini attingendo da archivi fotografici, internet e testi di scienze naturali. Spesso il suo lavoro interseca plurime narrazioni, intreccia concetti filosofici, processi scientifici e riferimenti alla mitologia africana, in rimando alle sue origini. Per l’intera durata della mostra (dal 20 aprile al 24 novembre) gli studenti dell’Accademia proporranno workshop, visite guidate, eventi e incontri. 

Josèfa Ntjam, 2024. © Sarah Makharine

Veronica Rodenigo, 17 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

Josèfa Ntjam intreccia arte, scienza e mitologia | Veronica Rodenigo

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